135985 - Lastra ai Caduti fucilati al Poligono di Tiro – Reggio Emilia

La lastra è rettangolare in  marmo bianco. Al di sotto di essa, una mensola marmorea regge un vaso di bronzo da cui escono due rami di rose in bronzo che la incorniciano. Riporta incisa una frase commemorativa e i nomi delle persone ivi fucilate il 28 dicembre 1943 e il 30 gennaio 1944. Si trova di fianco all’ingresso del poligono di tiro della città di Reggio Emilia.

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Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Reggio Emilia
Indirizzo:
Via Avvenire Paterlini 17
CAP:
42124
Latitudine:
44.70805889999999
Longitudine:
10.635309799999959

Informazioni

Luogo di collocazione:
Muro esterno del Poligono di Tiro
Data di collocazione:
25 Aprile 1965.
Materiali (Generico):
Bronzo, Marmo
Materiali (Dettaglio):
Lastra in marmo, decorazioni (vaso e racemi) in bronzo.



Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Non reperito
Notizie e contestualizzazione storica:
Nel ventesimo anniversario della guerra si è inteso ricordare i caduti di questo luogo fucilati per essersi opposti al regime fascista.
I Fratelli Cervi e Quarto Camurri
I sette fratelli Cervi (Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore) erano i figli di Alcide Cervi e di Genoveffa Cocconi, contadini. Vivevano a Gattatico (RE). Animati da un grande desiderio di libertà e democrazia, fecero parte della Resistenza. Antifascisti, dall’inizio della guerra, la loro casa divenne un rifugio per i prigionieri fuggiti e poi per i partigiani. I fascisti venuti a conoscenza di questo fatto, all’alba del 25 novembre 1943 circondarono la casa colonica nella quale viveva la famiglia, incendiandola.
I sette fratelli e altri partigiani, tra cui Quarto Camurri, vennero catturati e condotti al carcere politico dei Servi a Reggio Emilia. Stesso destino toccò al padre Alcide.
In un secondo tempo furono trasferiti nel carcere di san Tommaso e, in seguito all’uccisione del segretario fascista di Bagnolo in Piano, vennero condannati a morte per rappresaglia.
Vennero fucilati, insieme a Quarto Camurri, al poligono di tiro di Reggio, alle ore 6,30 del 28 dicembre 1943, all’insaputa del padre, ancora in carcere.
Furono decorati con Medaglia d'argento al valor militare.
Don Pasquino Borghi
Don Pasquino Borghi è stato un sacerdote reggiano, nato nel 1903 a Bibbiano (RE). Divenuto sacerdote nel 1929, fu prima missionario comboniano nel Sudan anglo-egiziano, dove rimase sette anni, al termine dei quali dovette rientrare in Italia per una grave malattia. Qui giunto, fu monaco nella Certosa di Farneta (Lu) per circa un anno, per poi rientrare in diocesi nella vita sacerdotale attiva, dopo la morte di suo padre, nel 1939, per poter aiutare la madre rimasta vedova. Il vescovo di Reggio, mons. Edoardo Brettoni, lo mandò come curato a Cànolo di Correggio, dove rimase per tre anni e mezzo, dando prova di convinto antifascismo e attirandosi le ire della polizia del regime. Proprio per allontanarlo e proteggerlo, il vescovo decise di nominarlo parroco a Tapignola, in montagna, in una piccola parrocchia (circa 500 anime) poverissima, dove giunse il 30 agosto 1943. Pochi giorni dopo ci fu l’armistizio.
In appennino arrivavano i prigionieri fuggiti, inglesi, americani, russi, che speravano di ricongiungersi oltre il fronte ai loro eserciti. Oltre a loro c’erano i renitenti alla leva della Repubblica di Salò e i primi partigiani. Il 25 ottobre don Pasquino incontrò e accolse nella sua canonica un gruppo di partigiani guidato da Aldo Cervi, uno dei fratelli che furono fucilati un mese prima di lui al Poligono di tiro a Reggio.
Don Pasquino fu quindi partigiano e prese il nome di “Albertario”, a ricordo del sacerdote giornalista che nel 1898 aveva sostenuto la manifestazione di protesta dei milanesi contro cui il generale Bava Beccaris aveva ordinato di sparare le cannonate.
Il 10 gennaio 1944 don Pasquino scese a Reggio per chiedere aiuti al C.L.N. Nella canonica di San Pellegrino incontrò don Angelo Cocconcelli e Giuseppe Dossetti i quali gli riferirono che i fascisti sapevano che ospitava i partigiani e avrebbero fatto irruzione nella sua canonica. Gli consigliarono, anche, di mandarli via. Lui rispose che nessuno li avrebbe ospitati e aggiunse che si può anche morire per la causa della patria.
Il 21 gennaio da Villaminozzo due militi andarono a Tapignola, alla canonica, e la perquisirono. Salirono nella stanza in cui erano nascosti una quindicina di partigiani che spararono per far fuggire i fascisti. Nessuno fu ferito. Fu però la prova che Don Pasquino ospitava i partigiani. Fu raggiunto a Villaminozzo, dove si trovava a predicare, venne arrestato e picchiato. Quattro giorni dopo venne portato in carcere a Scandiano.
Il 28 gennaio a Correggio venne ucciso un caposquadra della Guardia Nazionale Repubblicana. Per rappresaglia il Tribunale Speciale fece trasferire Don Pasquino da Scandiano a Reggio, nel carcere politico dei Servi, e lo condannò insieme ad altre otto persone alla pena di morte per fucilazione alla schiena. La condanna fu eseguita al mattino del 30 gennaio al Poligono di Tiro di Reggio. Un ragazzo di 16 anni, Sergio, lo finì “per allenamento” sparandogli con la sua pistola.
Don Pasquino è sepolto nel Cimitero Monumentale di Reggio, vicino alle vittime dell’eccidio della Bettola. E’ stato insignito della medaglia d’oro al valor militare.
Nel 1946 la mamma di don Pasquino perdonò Sergio.
Gli altri caduti del 30 gennaio 1944
Enrico Zambonini di Secchio di Villaminozzo, anarchico e partigiano, fu catturato in montagna il 22 gennaio 1944 e portato in carcere.
Giovanetti Destino, Dodi Umberto, Benassi Romeo e Gaiti Dario, correggesi, Battini Ferruccio, Menozzi Enrico e Trentini Contardo, di Rio saliceto, furono arrestati nelle loro abitazioni nella notte tra il 28 e il 29 gennaio. Tutti furono condannati alla fucilazione per rappresaglia in risposta ad alcuni attentati compiuti nel mese precedente contro le forze fasciste e in particolare in seguito all’uccisione del caposquadra della Guardia Nazionale Repubblicana Angelo Ferretti a San Martino di Correggio.

Contenuti

Iscrizioni:
«QUI SACRIFICARONO LA PROPRIA VITA PER LA LIBERTA’ E LA DEMOCRAZIA/ CADUTI SOTTO IL PIOMBO FASCISTA/ FUCILATI IL 28 DICEMBRE 1943/ CERVI ETTORE/ CERVI OVIDIO/ CERVI AGOSTINO/ CERVI FERDINANDO/ CERVI ALDO/ CERVI ANTENORE/ CERVI GELINDO/ CAMURRI QUARTO// FUCILATI IL 30 GENNAIO 1944/ BORGHI DON PASQUINO/ BATTINI FERRUCCIO/ TRENTINI CONTRADO/ GIOVANETTI DESTINO/ ZAMBONINI ENRICO/ MENOZZI ENRICO/ DODI UMBERTO/ BENASSI ROMEO/ GAITI DARIO// QUI IL COMITATO PER LE CELEBRAZIONE DEL XX° ANNUALE DELLA RESISTENZA».
Simboli:
Non ci sono simboli.

Altro

Osservazioni personali:
La lastra è in posizione evidente per tutti i frequentatori del Poligono di Tiro, infatti è vicina all’ingresso, tuttavia non è visibile dalla strada e il luogo è frequentato da una minima parte della cittadinanza. Ricorda le vittime delle rappresaglie fasciste in risposta agli attentati partigiani contro i membri del partito. Particolarmente commovente e vivo nel ricordo della città è il sacrificio dei sette fratelli Cervi, che tutti trovarono la morte nello stesso giorno in questo luogo, e di don Pasquino Borghi, che perdonò i suoi assassini appena prima di morire.

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