156784 - Pietre d’inciampo in memoria di cinque deportati Varzesi – Varzi (PV)

Le pietre d’inciampo sono state posate per ricordare cinque giovani partigiani catturati dai Nazifascisti e deportati a Mauthausen.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Indirizzo:
Piazza Umberto I
CAP:
27057
Latitudine:
44.8234375
Longitudine:
9.1968125

Informazioni

Luogo di collocazione:
Pavimentazione della piazza
Data di collocazione:
14 gennaio 2018
Materiali (Generico):
Ottone, Pietra
Materiali (Dettaglio):
Blocchi di pietra rivestiti da una lastra di ottone incisa
Stato di conservazione:
Ottimo
Ente preposto alla conservazione:
Comune di Varzi - ANED - ANPI
Notizie e contestualizzazione storica:
La Repubblica democratica di Varzi fu, insieme ad altre poche esperienze simili in Italia, una vera e propria isola di libertà nel mare delle armate tedesche che avevano coperto il nostro Paese dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943.

Amongst en a few clir similar experiences in that the democratic Republic of Varai teas a true and unique island of freedom in ther even of the Nazi German Ann which occupiel haly dlowing the armistice of 8th Septender 1843.

La presa di Varzi: la battaglia (18-21 settembre 1944)

Il 18 settembre, un lunedì, di prima mattina, il plotone di circa quaranta alpini al comando del sottotenente Padoan, di stanza a Ponte Nizza, riceve l'ordine di fare rientro a Varzi presso la 2a compagnia "Brescia" della Divisione "Monterosa", che, insieme alla Sicherheits, a un gruppo di tedeschi e a un distaccamento della GNR, presidia il paese agli ordini del capitano Claudio Terrabrami.

Il sottotenente Padoan denuncia la pericolosità del rientro nella zona controllata dai partigiani, ma il capitano risponde che sarebbe andato a prendere il plotone a Ponte Nizza con quasi tutta la compagnia. Lascia quindi a Varzi solo una ventina di uomini, divisi tra le scuole ed il municipio, dove erano armi e munizioni.

Il movimento non passa inosservato e una staffetta, da Varzi, si reca immediatamente a Cella per informare Angelo Ansaldi (Primula Rossa), comandante della "Capettini", che il comando degli alpini stava ritirandosi da Varzi.

Primula Rossa, con grande entusiasmo, muove così su Varzi in due colonne, da Castellaro e da Cignolo, giungendovi quasi contemporaneamente agli alpini di rientro da Ponte Nizza. L'oscurità che sta sopraggiungendo, la valenza militare e l'astuzia di Primula Rossa impediscono uno scontro cruento nel quale i partigiani, in numero notevolmente inferiore, avrebbero certamente avuto la peggio.

La giornata di martedì 19 settembre è scandita dagli scambi di colpi tra assedianti ed assediati. Particolarmente efficace per i fascisti risulta essere un nido di mitragliatrici appostato sulla torre, dalla quale gli alpini dominano ogni via di accesso alla scuola.

Nel frattempo la notizia della battaglia ha fatto confluire a Varzi altri partigiani e, mentre l'assedio si fa più incalzante, si contano le prime vittime tra partigiani e civili: Enzo Togni, 22 anni, della Crespi, colpito alla gola da una scheggia di granata di un mortaio da 81; Arturo Albertazzi, contadino di Santa Margherita Staffora, 25 anni, e l'operato trentenne Angelo Salvaneschi di Voghera, entrambi della brigata Capettini. Tra i civili sono uccisi Giovanni Corvetta, contadino di 48 anni, e Lauretta Romagnesi, casalinga di 30 anni, falciata da una raffica mentre con un drappo bianco chiedeva la cessazione delle sparatorie.

Sempre nella giornata del 19 intanto, con un nutrito lancio di bombe a mano, i partigiani provocano un incendio nel teatro (sede dell'attuale biblioteca civica), dove erano custodite armi, munizioni ed esplosivi, costringendo gli alpini della Monterosa ad abbandonare, nella notte di martedì, la postazione del municipio e ad asserragliarsi nelle scuole.

Decisivo per l'esito della battaglia si rivela, tuttavia, l'intervento di un gruppo di cecoslovacchi che a Bressana Bottarone aveva disertato dalle file dell'esercito tedesco ed era passato dalla parte dei partigiani. All'alba del 20 settembre, con una mitragliatrice da 20 mm, da una postazione situata appena sotto la Gabarda prendono di mira la torre, costringendo gli alpini ad abbandonarla dopo qualche ora.

I partigiani, allora, mandano avanti alcuni civili a chiedere la resa, che viene però sdegnosa mente respinta da Terrabrami. Viene poi nuovamente proposta il giorno 21, giovedi, offrendo tra l'altro agli alpini la possibilità di decidere sulla loro sorte. Respinta in un primo momento, la proposta viene accettata verso le 17 di quella sera, quando un intero plotone di alpini si era rifiutato di continuare a sparare.

Con grande e dolorosa sorpresa degli ufficiali, la maggior parte degli alpini, circa 200, sceglie di stare con i partigiani; gli altri sono scortati fino a Molino del Conte da cinque partigiani agli ordini di Tino Casali, in seguito commissario politico della brigata Casotti.

Varzi 1944-1945: la zona libera

La battaglia di Varzi segna l'inizio della zona libera e la nascita della Repubblica democratica. In seguito alla liberazione, il CLN espresse una Giunta Popolare Comunale, eletta in pubblica assemblea e formata da nove persone: Fortunato Repetti, Costantino Piazzardi, Guido Versari, Mario Grazzi, Salvatore Lai, Emilio Piana, Leopoldo Braghieri, Luigi Rebaschio e Lino Tarditi. La Giunta sarebbe rimasta in carica fino al 23 novembre 1944 e si sarebbe ricostituita nella primavera del 1945, al termine del terribile rastrellamento invernale. Affrontò da subito i più gravi problemi della popolazione: l'ordine pubblico, la ricostruzione, la lotta alla borsa nera, sostenne la politica scolastica ed affrontò altri problemi concreti, contribuendo tra l'altro ad assegnare alla piazza del Municipio il nuovo nome di "Piazza della Liberta', che ora sopravvive soltanto nella memoria popolare: negli anni del dopoguerra ha infatti riassunto il nome di "Piazza Umberto I, assegnatole dal regime fascista in omaggio alla casa regnante. Nella zona libera si visse una vera e propria esperienza di democrazia, che ha dato un contributo non indifferente allo spirito della nostra Costituzione. A Varzi, e nelle altre repubbliche e zone libere partigiane (solo una quindicina in Italia), rintracciamo - a livello giuridico, fiscale, scolastico e in generale a livello dell'ordinamento locale - piccole ma importanti sperimentazioni di temi e di tensioni riformatrici, che hanno poi lasciato una concreta traccia nel lavoro preparatorio del futuro assetto costituzionale.

BOZZI Ugo Domenico,

nato a Menconico il 17 maggio 1926, residente a Varzi. Di professione agricoltore, renitente alla leva, entra a far parte della Brigata "Capettini", al comando di Angelo Ansaldi "Primula Rossa". Durante il grande rastrellamento nazifascista invernale viene catturato al Brallo di Pregola, tra il 18 e il 19 dicembre del 1944. È incarcerato dapprima all'albergo Corona di Varzi, poi al castello Visconteo di Pavia e a San Vittore, infine al campo di transito di Bolzano. Trasferito a Mauthausen con il 119° trasporto dall'Italia, partito il 1° febbraio 1945. Muore il 19 marzo 1945.

CASULLO Mario,

nato a S. Albano di Val di Nizza il 7 aprile 1928. Di professione manovale, a soli 16 anni entra nella Brigata "Capettini", e segue la sorte dei compagni catturati durante il rastrellamento al Brallo. Trasferito da Mauthausen a Gusen il 17 febbario 1945 e il 25 marzo al sottocampo di Wels muore probabilmente lo stesso giorno.

CENTENARO Giacomo,

nato a Varzi il 22 luglio 1925. Agricoltore, renitente alla leva, si arruola nella brigata "Capettini" e partecipa a molte azioni partigiane. E sorpreso dai tedeschi assieme a numerosi compagni alla scuola del Brallo di Pregola. È internato a Bolzano e deportato a Mauthausen, il 1° febbraio 1945, dove giunge il 4 febbraio e muore il 3 marzo.

DEGLI ALBERTI Antonio,

nato a Varzi il 15 gennaio 1927. Di professione contadino, entra giovanissimo nella brigata garibaldina "Capettini", divisione "Aliotta" e partecipa a molte azioni. Catturato nella scuola di Brallo, assieme a numerosi compagni, è detenuto dapprima all'albergo Corona di Varzi, poi al Castello Visconteo di Pavia, infine a San Vittore e nel campo di transito di Bolzano. Viene trasferito il 1° febbraio 1945 a Mauthausen. Muore in data imprecisata.

POGGI Antonio,

nato a Varzi il 2 gennaio 1924. Di professione manovale, renitente alla leva, si arruola come partigiano nella Brigata "Capettini" e partecipa a numerosi combattimenti. Viene catturato al Brallo di Pregola, assieme a numerosi compagni, di cui segue la sorte. Deportato a Mauthausen, secondo le carte della Croce Rossa Internazionale viene trasferito il 16 febbraio a Gusen II e, il 1° marzo, ritorna al campo principale, morendo il 13 marzo alle 4.20, a causa di setticemia generale e flemmone alla parte superiore e all'avambraccio sinistro.
Le pietre sono state installate sul selciato di Piazza Umberto I a Varzi, il 14 gennaio 2018 riprendendo l'iniziativa dello scultore tedesco Gunter Demnig.
Ricordano cinque giovani partigiani Varzesi appartenenti alla divisione "Aliotta" Brigata "Capettini", che durante il secondo conflitto mondiale vennero deportati nel campo di sterminio di Mauthausen.

Contenuti

Iscrizioni:
Prima pietra:
QUI ABITAVA
ANTONIO DEGLI ALBERTI
NATO 1927
ARRESTATO 19.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 1945

Seconda pietra:
QUI ABITAVA
UGO DOMENICO BOZZI
NATO 1926
ARRESTATO 19.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN - GUSEN
ASSASSINATO 19.3.1945

Terza pietra:
QUI ABITAVA
MARIO CASULLO
NATO 1928
ARRESTATO 19.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 25.3.1945
WELS

Quarta pietra:
QUI ABITAVA
GIACOMO CENTENARO
NATO 1925
ARRESTATO 19.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 3.3.1945

Quinta pietra:
QUI ABITAVA
ANTONIO POGGI
NATO 1924
ARRESTATO 19.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 13.3.1945
Simboli:
Non sono presenti simboli

Altro

Osservazioni personali:
Informazione non reperita

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