197136 - Cippo al generale Gioacchino Nastasi – Milazzo

Il cippo al generale Gioacchino Nastasi, eroe della I guerra mondiale, si trova nella piazzetta, a lui dedicata, sita nel centro di Milazzo.
Il mezzobusto del generale Antonino Nastasi è stato realizzato nel 1962 dallo scultore Filippo Lo Schiavo in sostituzione di quello in bronzo (realizzato dallo stesso Lo Schiavo) inaugurato nel 1929, ma successivamente fuso per esigenze di natura bellica, in occasione della seconda guerra mondiale. Fu eseguito su iniziativa dell’amministrazione presieduta dall’onorevole Santi Recupero.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Indirizzo:
Piazza Generale Gioacchino Nastasi
CAP:
98057
Latitudine:
38.220040078584
Longitudine:
15.238778656268

Informazioni

Luogo di collocazione:
Piazza Generale Gioacchino Nastasi in un'area verde
Data di collocazione:
1962
Materiali (Generico):
Marmo
Materiali (Dettaglio):
Cippo e busto in marmo
Stato di conservazione:
Sufficiente
Ente preposto alla conservazione:
Comune di Milazzo
Notizie e contestualizzazione storica:
Il cippo del generale Gioacchino Nastasi si trova al centro dei giardini che occupano Piazza Nastasi, ampio spazio urbano circondato un tempo da fabbricati industriali. La progettazione rispecchia bene il valore del luogo in cui si inserisce. Gioacchino Nastasi nacque il 13 marzo 1870. Appena diciottenne si arruolò, volontario, nel plotone Allievi Sergenti del 45° Regg. Fanteria, e nel 1893 venne promosso Sottotenente e destinato al 60° Regg. Fanteria. Nel febbraio 1896 partì volontario per la Guerra d’Eritrea; nel dicembre 1908 si prodigò con mirabile abnegazione nelle zone terremotate di Palmi e di Reggio Calabria. Nel 1912, quasi al termine del conflitto italo-turco, fu in Libia con il grado di Capitano dell’88° Regg. Fanteria; e quale Comandante dell’importante comando di tappa di Arizia, rese eccezionali servizi alle truppe operanti a sud di Tripoli, e nella conquista del Garian. Il primo conflitto mondiale lo trovò col grado di Primo Capitano e gli diede il battesimo di fuoco, nell’agosto 1915, alla testa di una compagnia dell’88° Regg.Fanteria, nei pressi di Monfalcone: “...Dallo Stelvio al mare, dovunque passò l’urlo immane della tempesta tragica, ivi fu anche Gioacchino Nastasi per segnarvi un’orma d’ eroismo e di sangue. E queste orme hanno i nomi di S.Michele, Bosco Lancia, Bosco Cappuccino, Sabotino, Selo, Val Frenzela, Bonetti, Quota 219, Quota 144, Asolone. Ed ogni nome è una sua gloria, una tappa sul cammino rapidissimo della sua fulgida carriera” (da un articolo commemorativo del “Giornale di Sicilia”, in data 30 agosto 1919). Col grado di Maggiore passò al 139° Regg. Fanteria (“Brigata Bari”) e il 22 luglio 1915 condusse il suo battaglione alla cruenta conquista della cima del S. Michele. L’audacia e l’eroismo successivamente dimostrati al Bosco Lancia, gli valsero la prima Medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Con accurate predisposizioni, ed imprimendo alle proprie truppe grande slancio offensivo, riusciva ad occupare una trincea avversaria, scacciandone i difensori, e mantenedone, con mirabile fermezza, l’occupazione nonostante le gravi perdite subite a causa del violento fuoco avversario (Bosco Lancia, Carso 4 novembre, 1915). Per la perizia di comando e per le nuove prove di ardimento sul Sabotino allorché, nella primavera del 1916, il 139° venne impegnato nell’aspra conquista e nella gloriosa difesa di quel famoso caposaldo, fu promosso Tenente Colonnello per merito di guerra con la motivazione: “...per le fulgide prove di valore, di abnegazione e di costanza, per l’opera paziente, pertinace e pericolosa, svolta sull’alto Sabotino (aprile 1916)”. La successiva grande offensiva austriaca operata in Val Franzela impegnò il battaglione comandato dal Nastasi (7 giugno 1916) ad un incessante, arduo argimento delle infiltrazioni nemiche, ed al mantenimento della posizione del Buso, il centro strategico di Val Frenzela. Il 16 giugno, nella piana della Marcesina, venne ferito gravemente in più parti da una skrapnel (scheggia di bomba). Sanguinante, si rifiutò di abbandonare i suoi uomini, e, fatta la consegna del Battaglione al cap. Catapano, non cessò di dar loro con la voce il suo incitamento, “con gesti di folle, con la voce che gli usciva appena dalla gola gonfia di sangue, chiamando i suoi dipendenti talora per nome; bello di una bellezza sovrumana” (Del Buono). Solo il sopravvenuto svenimento ne consentì il trasporto all’Ospedale di Enego. Operato e curato dalle mortali ferite riportate “...una pallottola crudele gli era rimasta conficcata nelle carni, ed aveva raggiunto quasi la spina dorsale. Un’altra, penetratagli nella spalla destra, gli aveva forati entrambi i polmoni provocando lo spostamento del cuore, nonché la rottura di una costola e lo sfaldamento della viciniore...”- nell’agosto 1916, dopo una breve necessario riposo presso l’Ospedale Militare, venne esaudita la sua richiesta di ritornare in prima linea. Fu destinato al 37° Regg. Fanteria operante nella zona di Gorizia nel cui settore si erano avuti segni manifesti di sconforto tra le nostre truppe. Il 10 0ttobre successivo, guidò i suoi uomini alla brillante conquista di quota 144 sul Carso. Occupato l’obbiettivo prefisso, giunse presso Iamano catturando un ingente materiale bellico e facendo prigionieri 1300 uomini, di cui 32 ufficiali. Il 27 febbraio 1917, in Val Vertoiba, irruppe con le sue schiere fra le truppe avversarie, obbligando il nemico assediante alla ritirata. Ferito da mitraglia al petto ed alla gamba sinistra, non desistette dall’azione finché non ebbe raggiunta la conquista dell’intera vallata. Tale azione gli meritò la seconda medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Comandante di un reggimento, con instancabile alacrità, dava opera per preparare, migliorare, rafforzare le trincee del sotto settore e manteneva vivo ed elevato il sentimento combattivo delle proprie truppe. Nei giorni dell’azione dava mirabile esempio ai dipendenti di coraggio e sprezzo del pericolo, (Vertoiba Inferiore, 24-26 febbraio 1917). Promosso Colonnello, ritornò al 139° Fanteria, a difesa delle quote 219 e 235 del Carso. A prezzo di grandi sacrifici mantenne le posizioni portando a Selo, che difese per 30 ore consecutive da incessanti attacchi nemici, la punta più avanzata della Terza Armata (19 agosto 1917). Ebbe, perciò, conferita dal Duca d’Aosta la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia con la seguente motivazione: “Nell’aspra giornata del 6 giugno 1917, ebbe occasione di mettere in luce le sue spiccate qualità militari di sagace condottiero e di valoroso soldato, trattenendo con forze esigue e stremate, l’irrompente assalto nemico, riuscendo a strappare le trincee di quota 219 da esso occupate e cooperando, così, mirabilmente, a scongiurare una situazione difficile (Carso, quota 219, giugno 1917 – R.D. 28 febbraio 1918)”. Quest’altra decorazione si aggiunse al conferimento decretato ancora dal Duca d’Aosta della terza medaglia d’argento al valore militare, meritata sul campo con la motivazione: “Più volte gravemente contuso, si tenne dolorante fra i suoi guidando e incitando. L’attacco di Selo, da lui predisposto e diretto con grande perizia, ebbe mirabile travolgenza che permise, dopo un’ora, la conquista del primo importante obbiettivo. (Selo, 19-20-21 agosto 1917)”. Dopo Caporetto, fu alla difesa, sempre con l’eroico 139°, dell’Asolone, baluardo importantissimo del sistema difensivo del Monte Grappa, meritando la Croce con Palme al merito di guerra, conferitagli dall’Alto Comando di Francia con la seguente motivazione: “ Comandante del 139° Fanteria, con slancio e ardimento, conduceva il proprio reparto all’attacco delle munite posizioni di Monte Asolone, in concorso ad altre truppe della 66° Divisione, riuscendo a raggiungere gli obbiettivi prefissati. Violentemente e ripetutamente contrattaccato, fatto segno a micidiale tiro d’artiglieria, riusciva a mantenere saldamente le posizioni conquistate fino al mattino successivo, in cui, per l’entità delle forze avversarie, era costretto di ordinare il ripiegamento delle proprie truppe, per evitare l’accerchiamento”. Promosso, per merito di guerra, Generale di Brigata, e divenuto comandante della leggendaria ed eroica “Brigata Toscana”, detta “I Lupi di Toscana”, il gen. Nastasi, fu tra gli artefici di Vittorio Veneto. A guerra ultimata, fu il riorganizzatore dell’alto Friuli, ricevendo dalla gratitudine di quelle popolazioni una targa di bronzo, da lui donata al Comando della “Brigata Toscana”, fu inviato dal Governo nelle Puglie con il compito di presidiare la regione sconvolta da violenti e sanguinosi conflitti sociali. Accolto trionfalmente da quelle popolazioni, iniziò una rapida, profonda opera di pacificazione. Nel pieno corso della sua “missione”, il tifo lo colpì, improvvisamente, al termine di un giro di propaganda pacifista condotto nel basso Tavoliere. La mortale malattia lo condusse alla tomba il 23 agosto 1919. Il rimpianto vasto e sincero attestò, inequivocabilmente, la stima e la considerazione di cui godeva il Gen. Nastasi: valoroso tra i valorosi, cui ben si addice – cone disse il Del Buono_ il titolo di “Cavaliere senza macchia e senza paura”. Tra le innumerevoli testimonianze di cordoglio espresse, nell’intera Nazione, da autorità, sodalizi, stampa, comandi, semplici cittadini, primeggiano le partecipazioni del Duca d’Aosta, del Capo di S.M. dell’Esercito Gen. Armando Diaz, del Ministro della guerra Gen. Albricci, e del Gen. Badoglio. “Il Nastasi – ha lasciato scritto il Del Buono – apparteneva a quella schiera di condottieri i quali, giustamente, ritengono che, a volte, quando il caso lo richieda, bisogna esporsi, bisogna pagare di presenza, anche là dove più ferve la mischia, e il pericolo è maggiore, per trascinare innanzi i propri soldati, o per incoraggiarli nei momenti di subitanei scoramenti, ed incitarli a persistere nella lotta. E così Egli aveva il suo reparto in mano e lo sospingeva dove Egli voleva. Così solo si spiega la tenacia, la fermezza, il successo dei reparti da lui comandati, nelle situazioni più difficili, come alla Vertoiba, a Selo, sull’Asolone, ove altri non aveva fatto buona prova”. “I Fanti lo chiamavano il nonno – scrisse, tra l’altro, Gino Piva sul “Resto del Carlino” di Bologna del 3 agosto 1918- Lo aspettavano in ogni punto ove si muore, ed il nonno – un nonno però nato nel settanta – ha una buona parola per tutti, perché egli pensa ai nostri bravi soldati, che non sono dei tedeschi, ai quali bisogna parlare come dei babbi, come dei nonni”.

Contenuti

Iscrizioni:
Sulla lastra di marmo sotto il busto:
MILAZZO AL GENERALE
GIOACCHINO NASTASI
Simboli:
Informazione non reperita

Altro

Osservazioni personali:
Le notizie sul generale Gioacchino Nastasi sono tratte dai libri conservati nella Biblioteca Comunale di Milazzo del Ten, Gen. Francesco del Buono, “L’Albo d’oro dei Milazzesi morti per la patria”, Editrice “La Sicilia”, Messina, 1926 e di Antonino Micale, “Milazzo nella storia”, Edizioni Spes, Milazzo, 1967.

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