197154 - Lastra commemorativa Bollettino della Vittoria nel Palazzo Municipale – Milazzo

La lastra commemorativa del Bollettino della Vittoria, scolpita in marmo, è posta a Milazzo all’interno del Palazzo Municipale. Di forma rettangolare, riporta il testo del Bollettino della Vittoria del 4 novembre 1918, con il quale il generale Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito comunicava alla Nazione, dopo l’armistizio di Villa Giusti, la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra e la conseguente sconfitta dell’impero austroungarico e del suo alleato tedesco.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Indirizzo:
Via Francesco Crispi n.1
CAP:
98057
Latitudine:
38.2202242
Longitudine:
15.2419106

Informazioni

Luogo di collocazione:
Interno del Palazzo Municipale
Data di collocazione:
Informazione non reperita
Materiali (Generico):
Marmo
Materiali (Dettaglio):
Lastra di marmo
Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Comune di Milazzo
Notizie e contestualizzazione storica:
Il Bollettino di guerra n. 1268 del 4 novembre 1918, conosciuto come il Bollettino della Vittoria, fu scritto dal generale Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito, e dai suoi collaboratori. Nel nostro paese, ogni anno, il 4 novembre si celebra la “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”. Il 3 novembre 1918 l’Austria firmò l’Armistizio di Villa Giusti che sarebbe entrato in vigore il giorno successivo, gli italiani entrarono a Trento e la Regia Marina sbarcò a Trieste, mentre sul fronte francese gli Alleati accolsero la richiesta formale di Armistizio avanzata dal Governo tedesco. Alle ore 15 del 4 novembre sul fronte italiano le armi cessarono di sparare; quello stesso giorno il comandante in capo dell’Esercito d’Italia, generale Armando Diaz, diede la notizia all’intero paese della conclusione della prima guerra mondiale, firmando l’ultimo bollettino di guerra che sarebbe passato alla storia come il Bollettino della Vittoria. In realtà l’autore del testo che annunciava la disfatta nemica e la vittoria dell’Italia è incerto; la paternità fu attribuita al generale Domenico Siciliani, capo dell’Ufficio Stampa del Comando Supremo, a Ugo Ojetti (scrittore, critico d’arte, giornalista, volontario alla prima guerra mondiale, tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti) e a Ferruccio Parri. Il Bollettino della Vittoria è un testo altisonante, pieno di retorica, tutto teso ad esaltare la vittoria e il coraggio dell’esercito italiano che, dopo la disastrosa rotta di Caporetto del novembre 1917, aveva assolutamente bisogno di un successo che potesse risollevare le sue sorti e, soprattutto, il suo morale. Fu proprio la sconfitta di Caporetto, la più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano, che determinò la sostituzione del generale Luigi Cadorna con il napoletano Armando Diaz che ottenne gli effetti sperati visto che, l’anno seguente, arrivò l’agognata vittoria. Dopo la fine della guerra in tutti i comuni d’Italia venne affissa una lapide contenente il testo del “Bollettino della vittoria”, che era stato realizzato con lettere in bronzo ricavato dalle artiglierie catturate dal nemico. E fu soprattutto questa imponente operazione di propaganda che fece diventare il generale Armando Diaz, prontamente nominato “Duca della Vittoria”, una sorta di eroe nazionale. Il Bollettino della Vittoria non terminava col nome e cognome del generale, bensì con Firmato Diaz, cosicché in quegli anni, complice il diffuso semi-analfabetismo e l’ingenuità di parte della popolazione, nacquero bambini a cui venne messo il nome Firmato credendolo quello del generale.
Armando Diaz (Napoli, 5 dicembre 1861 – Roma, 29 febbraio 1928) è stato un generale italiano, capo di stato maggiore del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto sarà poi ministro della guerra e maresciallo d’Italia. In particolare, un gruppo di linguisti ha fatto notare come l’ultima frase del bollettino della vittoria ”I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.” sia ad effetto, per la sua forza evocativa, evidenziando come si tratti di un esempio dell'uso della figura retorica della sineddoche: traslazione di significato si avrebbe attribuendo i "resti", termine afferente al campo semantico bellico e designante corpi martoriati (quindi zeugma), all'esercito (sineddoche individuabile più chiaramente nel paragrafo precedente, dove "esercito", nome collettivo che nell'ultimo paragrafo costituisce un complemento partitivo, è impiegato al singolare). Non da meno si pose l’accento su quello che già si intuiva sarebbe successo in seguito, ossia sminuire da parte delle potenze alleate il ruolo dell’esercito italiano presentando invece come decisivo l’apporto delle forze francesi e inglesi. Il Bollettino metteva perciò in chiaro chi avesse realmente sconfitto l’esercito austro-ungarico sul fronte italiano:…” la gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte 51 divisioni italiane, 3 britanniche, 2 francesi, 1 cecoslovacca ed un reggimento americano…”. Per il primo anniversario della fine vittoriosa della Grande Guerra furono organizzate celebrazioni in tutta Italia. Il commissario Prefettizio, da parte sua, fece affiggere un manifesto col quale trionfalmente annunziava che la bandiera italiana era stata innalzata sulla Torre di S. Giusto e sul Palazzo del Buon Consiglio. A quell’annuncio si formò spontaneamente nell’atrio del Carmine di Milazzo un corteo che sfilò nelle vie cittadine inneggiando a Trento e Trieste liberate, al re soldato, al valore italiano, preceduto da improvvisati musicanti. Ogni finestra mostrava il tricolore, e da ogni balcone le donne salutavano commosse spargendo fiori. Particolarmente acclamato fu il gruppo di profughi che marciava ostentando orgogliosamente il vessillo di Trieste. L’ultimo giorno dell’anno le celebrazioni si chiusero con una funzione religiosa che riunì nella chiesa di S. Papino il popolo e tutte le autorità cittadine in un solenne ringraziamento per la vittoria conseguita: durante l’intonazione del Te Deum sulla facciata dell’edificio sventolava la bandiera italiana ad indicare lo stretto connubio tra autorità civili e religiose. La guerra era finita. Ogni famiglia ne era stata in qualche modo coinvolta: lutti, danni economici, gravi disagi, non ultimo il rincaro dei prezzi e la ormai endemica mancanza di alcuni generi di prima necessità, destavano profonda preoccupazione. L’instabilità del governo e le complesse trattative per la divisione dell’Europa condotte a Versailles non facevano ben sperare. A Milazzo, scioltisi i cortei giubilanti, cessati nelle piazze i comizi intrisi di stantia retorica e di melenso patriottismo, invalsero atteggiamenti più pacati espressioni di una gioia più intima e più sincera per la riconquistata pace: fu questa la parola che più di ogni altra sarebbe echeggiata nei mesi successivi.

Contenuti

Iscrizioni:
R. ESERCITO ITALIANO
COMANDO SUPREMO
BOLLETTINO DI GUERRA N.1268
4 NOVEMBRE 1918 - ORE 12
LA GUERRA CONTRO L'AUSTRIA-UNGHERIA CHE, SOTTO L'ALTA GUIDA DI S.M. IL RE, DUCE SUPREMO, L'ESERCITO ITALIANO, INFERIORE PER NUMERO E PER MEZZI, INIZIÒ IL 24 MAGGIO 1915 E CON FEDE INCROLLABILE E TENACE VALORE CONDUSSE ININTERROTTA ED ASPRISSIMA PER 41 MESI, È VINTA.
LA GIGANTESCA BATTAGLIA INGAGGIATA IL 24 DELLO SCORSO OTTOBRE ED ALLA QUALE PRENDEVANO PARTE CINQUANTUNO DIVISIONI ITALIANE, TRE BRITANNICHE, DUE FRANCESI, UNA CECOSLOVACCA ED UN REGGIMENTO AMERICANO, CONTRO SETTANTATRÉ DIVISIONI AUSTROUNGARICHE, È FINITA.
LA FULMINEA E ARDITISSIMA AVANZATA DEL XXIX CORPO D'ARMATA SU TRENTO, SBARRANDO LE VIE DELLA RITIRATA ALLE ARMATE NEMICHE DEL TRENTINO, TRAVOLTE AD OCCIDENTE DALLE TRUPPE DELLA VII ARMATA E AD ORIENTE DA QUELLE DELLA I, VI E IV, HA DETERMINATO IERI LO SFACELO TOTALE DEL FRONTE AVVERSARIO. DAL BRENTA AL TORRE L'IRRESISTIBILE SLANCIO DELLA XII, DELLA VIII, DELLA X ARMATA E DELLE DIVISIONI DI CAVALLERIA, RICACCIA SEMPRE PIÙ INDIETRO IL NEMICO FUGGENTE.
NELLA PIANURA S.A.R. IL DUCA D'AOSTA AVANZA RAPIDAMENTE ALLA TESTA DELLA SUA INVITTA III ARMATA, ANELANTE DI RITORNARE SULLE POSIZIONI DA ESSA GIÀ VITTORIOSAMENTE CONQUISTATE, CHE MAI AVEVA PERDUTE.
L'ESERCITO AUSTRO-UNGARICO È ANNIENTATO: ESSO HA SUBITO PERDITE GRAVISSIME NELL'ACCANITA RESISTENZA DEI PRIMI GIORNI E NELL'INSEGUIMENTO HA PERDUTE QUANTITÀ INGENTISSIME DI MATERIALE DI OGNI SORTA E PRESSOCHÉ PER INTERO I SUOI MAGAZZINI E I DEPOSITI. HA LASCIATO FINORA NELLE NOSTRE MANI CIRCA TRECENTOMILA PRIGIONIERI CON INTERI STATI MAGGIORI E NON MENO DI CINQUEMILA CANNONI. I RESTI DI QUELLO CHE FU UNO DEI PIÙ POTENTI ESERCITI DEL MONDO RISALGONO IN DISORDINE E SENZA SPERANZA LE VALLI, CHE AVEVANO DISCESO CON ORGOGLIOSA SICUREZZA.
GENERALE A. DIAZ

Simboli:
Informazione non reperita

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Osservazioni personali:
Le notizie storiche relative alla città di Milazzo sono tratte dal libro di Girolamo Fuduli, “Milazzo negli anni della Grande Guerra”, Edizioni Lombardo, Milazzo, 2018.

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