E' una parabola che l'autore ricostruisce sulla scorta di una ricchissima documentazione, illustrando soprattutto la tecnica abnorme dei costruttori di un monumento davanti al quale si sono prosternati quaranta milioni di italiani per più di vent'anni. Ne risulta un quadro misteriosamente buffo e grandioso, un farneticare collettivo nel quale si perde la nozione dell'identità degli uni e dell'altro. In questa mistificazione di fondo è la ragione dell'ascesa di Mussolini ai fasti "oceanici" di Palazzo Venezia ma anche la causa della rovina finale, la preparazione al lugubre monologo di Salò davanti a una platea deserta.