Il libro segue con ottocentesca, tolstojana generosità molteplici destini individuali spostandosi da Stalingrado ai lager sovietici e ai mattatoi nazisti da Mosca alla provincia russa. E raccontando la "crudele verità" della guerra, le storie intrecciate di eroi e traditori, automi di partito ed esseri pensanti, delatori, burocrati, intriganti, carnefici, martiri, personaggi fittizi e reali, inframmezzando la narrazione con numerosi dialoghi, Grossman continua ad interrogarsi sull'essenza di sistemi che uccidono la realtà - di conseguenza anche gli uomini - falsificandola, sostituendola con l'Idea. Al posticcio e menzognero "bene" di Stato lo scrittore può opporre soltanto, per quanto ardua e apparentemente impossibile in tempi disumani la bontà individuale, rivendicando l'irrepetibilità del singolo destino umano.