Barletta, la storia infinita dei bronzi di Piazza Caduti

BARLETTA – La storia passa, lascia i suoi segni e si evolve, muta. Tutto è testimonianza del passato, e deve restare così com’è per ricordarcelo. Soprattutto se sono stati evidenti fatti d’importante memoria storica, meritevoli in sé di essere ricordati, ad aver mutato qualcosa, in passato.
Recentemente è stato rianimato un vecchio focolaio di polemiche, che da decenni si tramanda a Barletta fra gli storici locali, gli appassionati e gli addetti ai lavori. Il pomo della discordia è il monumento di Piazza Caduti: un obelisco inaugurato il 18 marzo 1929, in memoria dei compatrioti che hanno perso la vita durante la Prima Guerra Mondiale. Alla stele, che tutti oggi possono vedere nella centralissima piazza barlettana, al momento della costruzione, erano sovrapposti dei bronzi, raffiguranti, in bassorilievo, dei soldati colti nell’attimo dell’ultimo sacrificio per la patria. In seguito, durante la seconda guerra mondiale, questa fascia bronzea fu rimossa per volere del regime fascista e donata allo Stato per farne delle munizioni. A memoria di quest’ulteriore sacrificio è stata posta in seguito una lastra commemorativa.
Da anni a Barletta c’è una sottesa disputa fra chi vorrebbe rimettere quei bronzi, preoccupandosi di rifarli a somiglianza degli originali, e chi no, perché vede nel fatto stesso che quelli siano stati rimossi, nel perché e in quale occasione, un’importante testimonianza del passato, sebbene un momento non felice per la nostra città e per la nostra nazione. Nell’aprile di quest’anno, il consigliere comunale della Buona Politica, Gennaro Calabrese, ha effettuato un’interrogazione comunale al fine di avviare una discussione circa il ripristino di quei blocchi. La discussione è sempre positiva, ma penso sia più utile ascoltare tutte le campane.
Con sufficiente cognizione di causa, si vuole muovere un paragone, solo a titolo provocatorio, si badi: secondo la posizione di chi vuole il rifacimento degli scolpiti eburnei, potremmo chiedere di chiudere i buchi nella facciata del Castello, segni di cannonate di una nave militare austriaca, segnati nel 1915; o peggio potremmo chiedere di rifare la facciata laterale dell’ex edificio postale, cancellando la memoria dell’eccidio dei vigili e dei due netturbini il 12 settembre 1943.
Potremmo addurre altri esempi ma preferiamo che siano i lettori, ora sicuramente e giustamente più informati, a valutare una questione antica ma affascinante della nostra città. Il fascino della storia è nelle cicatrici che restano indelebili nel corso del tempo.

 

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