103807 - Cippo ad Antonio Burzio a Foza (VI)

Cippo a memoria di un eroico sottotenente caduto combattendo in quel luogo.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Indirizzo:
Casara Foza
CAP:
36010
Latitudine:
45.8975911
Longitudine:
11.630425100000025

Informazioni

Luogo di collocazione:
Seguire strada inerbita dopo la Casara quindi le tabelle poste al limite del bosco che segnalano il monumento: area verde in un bosco
Data di collocazione:
1917
Materiali (Generico):
Pietra
Materiali (Dettaglio):
Cippo composto da un basamento in pietra a forma parallelepipeda su cui è incisa l'iscrizione dedicatoria. Al di sopra una colonna spezzata reca la foto incorniciata
Stato di conservazione:
Sufficiente
Ente preposto alla conservazione:
Informazione non reperita
Notizie e contestualizzazione storica:
Qui ci si riferisce all'offensiva degli austro-tedeschi che si proponevano di conquistare gli sbocchi delle valli alpine nella pianura e di estendere la loro occupazione della riva destra del Piave; ma trovarono una resistenza che non si aspettavano, e fin dai primi tentativi compresero che la loro facile avanzata, effetto dello sfondamento di Caporetto e del ripiegamento italiano, era purtroppo finita.
La "sorprendente" resistenza degli "sconfitti", esasperava l'ira del nemico che si vedeva precluso il passo giusto quando gli arrideva la speranza di un'altra avanzata rapida, pressoché incontrastata.Bollettino riassuntivo di quattro giorni del 22 novembre: "Il 18 violenti concentramenti di fuoco nemico sulla nostra linea Tondarecar-Monte Badenecche. Nostre parziali riprese offensive rioccuparono elementi avanzati di trincee e fecero diversi prigionieri. A sud di Quero, l'avversario attaccò le nostre posizioni del Monte Tomba e del Monfenera. Queste ultime, tenute dai resti dei sei Reparti d'Assalto della II Armata, furono teatro di lotte sanguinose in cui il nemico ebbe sempre la peggio. Il piano il nemico non riuscì a rinnovare alcuni tentativi di passaggio del Piave per la vigilanza delle nostre truppe, tra le quali, per il valore dimostrato nei giorni precedenti, il Comando Supremo menzionava i battaglioni bersaglieri 64°, 68° e 69°, il XXI Reparto d'Assalto e reparti delle brigate "Granatieri" (1° e 2°) e "Catania" (145° e 146°).

"Eccellente prova fornirono in questi giorni le reclute della classe 1899 (i diciottenni) alle quali il Comando Supremo rivolse il seguente encomio: "I giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco. Il loro contegno è stato magnifico e sul fiume che in questo momento sbarra al nemico le vie della Patria, in un superbo contrattacco, unito il loro ardente entusiasmo all'esperienza dei compagni più anziani, hanno trionfato. Alcuni battaglioni austriaci che avevano osato varcare il Piave sono stati annientati: 1200 prigionieri catturati, alcuni cannoni presi dal nemico sono stati riconquistati e riportati sulle posizioni che i corpi degli artiglieri, eroicamente caduti in una disperata difesa, segnavano ancora. In quest'ora, suprema di dovere e di onore nella quale le armate con fede salda e cuore sicuro arginano sul fiume e sui monti l'ira nemica, facendo echeggiare quel grido "viva l'Italia" che è sempre stato squillo di vittoria, io voglio che l'esercito sappia che i nostri giovani fratelli della classe 1899 hanno mostrato d'essere degni del retaggio di gloria che su loro discende".
Durò per tutta la giornata del 19 la lotta sanguinosa iniziata il 18 sulla linea Monte Tomba?Monfenera e condotta dal nemico con due scelte divisioni, una germanica dei Jagér della Guardia, forte di 12 divisioni, l'altra austriaca, la 50a, forte di 16 battaglioni. Fronteggiarono da parte nostra un urto così formidabile la brigata "Basilicata", un battaglione del 60° fanteria, un battaglione di alpini, il 3° bersaglieri e quattro batterie. Quattro volte, dopo violentissima preparazione di fuoco, il nemico andò all'assalto ma fu sempre ricacciato. Nei nostri irresistibili contrattacchi furono generosamente impiegate le "Fiamme Nere" del colonnello BASSI che riconfermarono sul Monfenera la loro fama di insuperabili assaltatori.
Nel pomeriggio del 20 il nemico attaccò violentemente Monte Pertica per tre volte, ma fu respinto con gravi perdite. Il 21 l'avversario sferrò parecchi attacchi tra Brenta e Piave; fu respinto alla baionetta allo sbarramento di San Martino, dove lasciò nelle nostre mani prigionieri e mitragliatrici; ed al Monte Pertica, dove inutilmente attaccò per ben tre volte. Fu nettamente arrestato dal fuoco di artiglieria al Monfenera; raggiunse alcuni elementi staccati della nostra linea avanzata sul Ronte Fontana Secca.
Nelle prime ore della notte sul 22, sull'altopiano d'Asiago masse nemiche attaccarono violentemente le nostre posizioni di Casera Meletta-Davanti; ma le nostre truppe, con eroica resistenza e pronto contrattacco, le ricacciarono nelle posizioni di partenza".

Bollettino del 23 novembre: "Il giorno 22 sull'altopiano di Asiago, il nemico, puntando da nord sul fronte Monte Tondarecar?Monte Badenecche, e ad ovest su quel di Monte Castelgomberto?Casera Meletta Davanti, tentò l'attacco avvolgente del caposaldo delle Melette. L'azione, preceduta da largo getto di granate a gas lacrimogeni, fu condotta con estrema violenza da ingenti forze sempre rinnovate con altri uomini e appoggiate da intenso fuoco di artiglieria. I nostri reparti della I Armata, con una coraggiosa resistenza e continui contrattacchi riuscirono a tenere saldamente tutte le posizioni e a respingere l'avversario con perdite gravissime, catturandogli 9 ufficiali e 181 uomini di truppa.
Tra Brenta e Piave, con violentissimo tiro di artiglieria, seguito dall'avanzata di dense ondate di fanteria, il nemico, all'alba, rinnovò l'attacco. La lotta diventò aspra e si protrasse l'intera giornata. Molte posizioni furono più volte perdute e subito riprese dalle truppe della IV Armata che gareggiarono tutte in aggressività e bravura. Sul far della notte gli ultimi contrattacchi arrestavano definitivamente l'avversario, al quale, anche da questa parte, la giornata di ieri è costata perdite ingenti".

Bollettino del 26 novembre: "Il giorno 23, poderose puntate avversarie sul fronte montano dall'altopiano di Asiago al Piave, largamente preparate da tiro di artiglieria e tenacemente eseguite, fallirono tutte.
Nuclei che tentavano di passare il Piave in barca furono rovesciati nel fiume a cannonate. Il 24 sull'altopiano d'Asiago, le tenaci truppe della I Armata, che da dieci giorni senza aver ceduto un palmo di terreno lottavano per la difesa del caposaldo delle Melette, respinsero parecchi attacchi nemici e contrattaccarono vittoriosamente.
Il 25, masse avversarie, sostenute da formidabile fuoco di artiglieria, ritentarono l'attacco delle nostre posizioni fra Brenta e Piave. Alla nostra sinistra, lo sforzo nemico, diretto sulla zona di Monte Pertica, fu prontamente infranto e ad ogni nuovo tentativo corrispose preciso e micidiale il nostro contrattacco.
A Tasson il battaglione alpino "Monte Rosa" decimò gli assalitori. Al centro, dove la pressione avversaria fu più energica, rifulse il valore della 56a divisione: le colonne avversarie, che da nord-ovest e da nord puntavano con ostinato accanimento su Monte Casonet, Collo dell'Orso, Monte Solarolo e Monte Spinoncia, furono falciate dal fuoco, poi ripetutamente affrontate con furiosi contrattacchi e definitivamente respinte. Più di 200 prigionieri restarono in mano dei nostri. Alla destra l'attacco nemico si manifestò dalle pendici orientali del Monfenera. Le ondate d'assalto, arrestate dapprima con fuoco d'artiglieria, vennero poi più volte contrattaccate e respinte dai nostri bravi alpini. Furono fatte alcune diecine di prigionieri".

Bollettino del 27 novembre: "Nel pomeriggio del 26, il nemico, dopo aver battuta con furioso bombardamento la nostra posizione di Col della Berretta, ad est della Val di Brenta, vi lanciò contro con attacco in massa le fanterie di un'intera divisione. La lotta si svolse accanitissima e i difensori, isolati da un violentissimo fuoco d'interdizione, avrebbero forse dovuto finire col soccombere al numero e alla violenza degli attaccanti, se i loro rincalzi, fieri siciliani della vecchia e gloriosa brigata "Aosta" (5° e 6° reggimento fanteria), reparti del 94° fanteria (brigata "Messina") e del battaglione alpini "Val Brenta" non fossero accorsi tempestivamente. Attraversata di slancio la zona mortale, le nostre brave truppe piombarono con impeto irresistibile sull'avversario e, travolgendolo, lo obbligarono a ritirarsi con gravissime perdite e lasciando molti prigionieri".

Fra le truppe austriache attaccanti vi erano quelle famose della III divisione Edelweiss, considerata come una delle migliori dell'esercito austro-ungarico; la 22a composta di truppe sceltissime; il ben noto speciale corpo alpino Alpenkorps bavarese; e la Jager Division, orgoglio del Comando Supremo Imperiale. Queste truppe, come le altre, giungevano sul campo senza avere subito perdite. E a loro non mancava nulla.
Di materiale bellico era ben provvisti, e l'avevano accresciuto lunga la via dell'avanzata fortunatissima. Altrettanto (ma solo nelle prime settimane) in viveri, quelli propri e, con i numerosi magazzini italiani caduti in loro possesso in Friuli, non difettavano di certo in alimenti e generi di conforto, nuotavano letteralmente nell'abbondanza. Troppa, perché molti soldati - nello stallo di alcuni giorni- si diedero alle orge, consumando laghi di vino e montagne di commestibili, finché perfino dentro le truppe scelte abbondarono i crapuloni. Ai quadrupedi davano da mangiare alimenti umani invece che fieno.
(Non è una fonte denigratoria italiana, ma dell'Austriaco MITTEREGER, quando rivolgendosi agli uomini del suo esercito con un "pro-memoria" accusò alcuni reparti di un "...ripugnante contegno tenuto durante l'avanzata dell'autunno 1917; ubriacandosi con le botti sfondate e le cantine allagate, calpestando raccolti, sgozzando buoi e maiali per utilizzarne solo qualche parte, depositi, magazzini, botteghe svaligiate, fabbriche distrutte, mangiare e bere in abbondanza o per aver dato agli stessi animali grano invece che fieno, ecc. ecc. Grano, farina e pane che il prossimo luglio non avremo noi come rifornimento alle nostre spalle...ecc. ecc."- - Il resto del comunicato lo leggeremo nel capitolo "La battaglia del Piave: preparativi".

La battaglia ebbe dunque una sosta di quasi una settimana di esaltata baldoria, durante la quale però le (poche) artiglierie italiane eseguirono concentramenti di fuoco nella Conca di Primolano, in Val di Nos, sulle pendici settentrionali del Monte Pertica, in Val di Seron; mentre quelle (in abbondanza) avversarie bombardarono le posizioni italiane delle Melette, del Monte Tomba, del Monfenera, del Pasubio e della linea Sisemol-Castelgomberto. Malgrado ciò, ammassamenti di truppe nemiche furono colpite e disperse; pattuglie avversarie messe in fuga; un ponte di barche gettato dal nemico sul Piave fu distrutto a cannonate; tentativi di attacchi al Monfenera, al Tondarecar, in Val Daone e ad est di Monte Badenecche furono stroncati sul nascere.
Ma il 4 dicembre il nemico, sull'altopiano d'Asiago…
...questo riportava il bollettino del 5 dicembre: "Dopo avere reso formidabile lo schieramento delle artiglierie e accresciute le forze duramente provate nei precedenti combattimenti, ripresero gli attacchi contro le nostre posizioni. Preceduto da un tiro iniziato nella notte e continuato violentissimo per molte ore, accompagnato da poderose raffiche di interdizione, le masse nemiche eseguirono un doppio attacco contro il nostro caposaldo delle Melette. Il primo, da nordovest, dopo vari tentativi di avanzata arrestato dal nostri tiri di sbarramento, si infranse definitivamente nel pomeriggio sul tratto Monte Sisemol-pendici sud-occidentali di Meletta di Gallio; con violenti corpo a corpo, gli assalitori furono decisamente respinti con gravi perdite lasciandoci anche qualche centinaio di prigionieri. Il secondo, da nord-est, fu sferrato con maggiori forze e tenacia tra Monte Tondarecar e il Monte Badenecche. Qui, dopo lotta accanitissima, prolungatasi fino alle prime ore del 5, l'occupazione di alcune trincee, riuscita dall'avversario, ci consigliò a ritirare qualche tratto più avanzato della nostra linea.
A Zenson, sul Piave, essendosi notato maggior movimento, una nostra compagnia d'assalto, felicemente appoggiata dall'artiglieria, che distrusse cinque passerelle costruite in quel punto dal nemico, attaccò l'avversario nella strategica ansa, infliggendogli perdite e riportando alcune diecine di prigionieri e mitragliatrici".

Bollettino del 6 dicembre: "All'alba del giorno 5, la battaglia si riaccese violenta. Profittando dei vantaggi conseguiti il giorno precedente fra il Monte Tondarecar e il Monte Badenecche, il nemico respinse a fondo l'azione per far cadere da tergo il formidabile bastione Monte Castelgomberto-Meletta di Gallio, che aveva dovuto rinunciare ad attaccare frontalmente. Si è combattuto accanitamente l'intera giornata dalle pendici sud di Monte Castelgomberto al costone di Foza. A1 poderoso sforzo avversario, esercitato con schiacciante superiorità numerica, ma nella direzione per noi più vantaggiosa, le truppe che difendevano il caposaldo delle Melette opposero ostinata resistenza in numerosi contrattacchi, cedendo il terreno a palmo a palmo soltanto quando, predisposta dai nostri la retrostante linea di difesa, fu dato l'ordine di ripiegarvi. Sul Monte Fior e Monte Castelgomberto alcuni reparti di alpini rimasti isolati hanno preferito all'incerto ripiegamento il glorioso sacrificio di un'eroica difesa ad oltranza. Un forte tentativo di superare il nostro sbarramento di fondo Val Brenta, fu sanguinosamente respinto".

Contenuti

Iscrizioni:
S.TENENTE ANTONIO BURZIO
......A PASSERANO D'ASTI
MEDAGLIA D'ARGENTO
DUE CROCI AL MERITO DI GUERRA
TRE ENCOMI SOLENNI
....4-12-1917
IN FURIOSO CONTRASSALTO
........ESEMPIO AI.....
COLPITO DA PALLOTTOLA NEMICA
QUI NEL FIORE DEGLI ANNI CADDE
Simboli:
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