263814 - Cippo a Carlo Alberto Ferrero e Bernardino Mauro – Chiusa di Pesio (CN)

Nel territorio comunale di Chiusa Pesio, in un campo agricolo, si trova il cippo in pietra grezza con una lastra commemorativa in marmo con dedica a Carlo Alberto Ferrero ed a Bernardino Mauro, lì “trucidati da teutonico furore”, come riporta la scritta. Il cippo misura circa 1,60 metri di altezza e circa 0,80 metri di larghezza.

Carlo Alberto Ferrero, Magistrato, era nato a Mondovì (CN) nel 1888 e Bernardino Mauro era un artigiano locale, nato nel 1922. Il 19 dicembre 1944, dove è posto il cippo, i due vennero barbaramente trucidati dalle forze nazifasciste.

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Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Pietra Scritta
Indirizzo:
CAP:
12013
Latitudine:
44.325599487199
Longitudine:
7.6675399067459

Informazioni

Luogo di collocazione:
Un campo agricolo a circa 300 metri ad ovest dell'abitato di Chiusa di Pesio.
Data di collocazione:
Informazione non reperita
Materiali (Generico):
Marmo, Pietra
Materiali (Dettaglio):
Il cippo è in pietra grezza, alta circa 160 cm e larga 80. Sul davanti del cippo è fissata una lastra in marmo a striature bianche e grigie. La lastra riporta incise le scritte commemorative, di colore rispettivamente verde e rosso. Sul lato destro della lastra c’è una croce in marmo bianco, anch'essa fissata sulla pietra.
Stato di conservazione:
Ottimo
Ente preposto alla conservazione:
Informazione non reperita
Notizie e contestualizzazione storica:
Carlo Alberto Ferrero, Magistrato, era nato a Mondovì (CN) nel 1888. Egli era stato segnalato alle forze di invasione tedesca per aver criticato pubblicamente i contenuti del bando di reclutamento nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana emanato a novembre 1943. Il bando chiamava alle armi i giovani delle classi 1923-1924-1925. Per i renitenti alla leva si minacciavano le pene stabilite dal codice militare di guerra, e provvedimenti anche a carico dei capi famiglia. In una riunione cui era presente il Podestà di Cuneo, egli fece osservare, come Magistrato, che il contenuto del bando contrastava con le disposizioni di legge, che prevedevano sanzioni a carico dei renitenti alla leva, ma non stabilivano pene a titolo di rappresaglia contro i familiari; aggiunse che, poiché il telegramma proveniva da un’autorità politica e non militare, sorgeva il dubbio che si trattasse di un provvedimento imposto dal comando tedesco di occupazione; concluse, quindi, che non si poteva fare opera di persuasione sui giovani, perché non si poteva dare loro alcuna assicurazione sulla loro destinazione e sul loro impiego.
Carlo Alberto Ferrero, già Pretore a Chiusa Pesio, poi giudice del Tribunale di Cuneo e successivamente Presidente del Tribunale di Nuoro, nella primavera del 1943 era stato nominato consigliere della Corte d’Appello di Torino. Da mesi, a causa della guerra, la sua famiglia era sfollata a Chiusa Pesio e lui era solito raggiungerla quando gli impegni dell’ufficio lo consentivano. Tra il 9 e il 10 dicembre 1944, Chiusa Pesio venne occupata da un reparto della Wehrmacht, ai comandi del capitano Heinrich Schubert, come base per un rastrellamento di tutto il territorio della valle Pesio. In quei giorni un elenco di persone, accusate di partecipare al movimento di liberazione nazionale, fu consegnato ai tedeschi. Il nome di Carlo Alberto Ferrero figurava tra i primi della lista. Nella notte tra il 16 ed il 17 dicembre egli fu arrestato insieme al figlio Pier Giuseppe, diciottenne. Sottoposto ad interrogatorio venne accusato di essere un organizzatore di bande partigiane, di fare propaganda contro la guerra nazifascista e di avere espresso, nel febbraio precedente in una pubblica riunione a Chiusa di Pesio, posizioni critiche sulle rappresaglie minacciate dal regime fascista contro i familiari dei renitenti alla chiamata alle armi della Repubblica di Salò. Ferrero cercò di difendersi, dichiarando di essere un magistrato, di recarsi di rado da Torino a Chiusa Pesio, ove conduceva una vita appartata; chiese di conoscere le prove contro di lui e di essere messo a confronto con chi lo accusava. Approfittando della scarsa sorveglianza dei locali adibiti a carcere da parte dei tedeschi, alcuni ostaggi riuscirono a fuggire, ma egli non evase, confidando nelle proprie ragioni ed in un regolare processo e ritenendo che una eventuale fuga sarebbe stata interpretata come un’ammissione di colpevolezza. Al mattino del 19 dicembre tutti i prigionieri vennero liberati dai tedeschi ad eccezione di lui e del giovane Mauro Bernardino, di 22 anni, che era stato fermato per omonimia con un partigiano ricercato. Alle ore 14 dello stesso giorno i due detenuti furono sottoposti ad un processo sommario, durato pochi minuti. Scortati da sei soldati e costretti a portare al collo un cartello – su quello del giudice era la scritta “Traditore”, su quello del giovane “Bandito” – furono condotti sul luogo dell’esecuzione, in località Pietra Scritta. I cadaveri, deturpati dalle percosse ricevute, vennero lasciati sul posto tutta la notte, sotto la pioggia, e ritrovati il giorno successivo dal parroco a cui fu interdetta la celebrazione dei funerali.

Contenuti

Iscrizioni:
CARLO ALBERTO FERRERO
MAGISTRATO
DI GIUSTIZIA ARALDO
(scritta rossa)

INSINO A MORTE
CONTRO L'OPPRESSORE
(scritta verde)

BERNARDINO MAURO
ARTIGIANO
ARDORE DI VITA
(scritta rossa)

DAL BARBARO STRONCATO
AL SUO MATTINO
(scritta verde)

QUI TRUCIDATI
CON TEUTONICO FURORE
IL 19 XII 1944
(scritta rossa)
Simboli:
La croce, simbolo di cristianità e di salvezza nella fede.
Le scritte verdi e rosse riferiscono probabilmente, insieme al bianco del marmo, ai colori della bandiera italiana.

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