169010 - Edicola ai Caduti dell’eccidio del 9/2/1945 – Villa Cadè di Reggio Emilia

Il 9 Febbraio 1945, a Villa Cadè, frazione di Reggio Emilia, i tedeschi fucilarono 21 partigiani per rappresaglia. Sul luogo esatto dell’eccidio, all’incrocio tra Via dei Quercioli e Via G. Bruno (Strada Statale 9), è stata eretta un’edicola, dalle notevoli dimensioni, posta in un’area lastricata da cubetti di porfido e circondata da vari alberelli sagomati e piante di sempreverde

 

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Villa Cadè
Indirizzo:
Via Giordano Bruno (Strada Statale 9 – Via Emilia), angolo Via dei Quercioli
CAP:
42124
Latitudine:
44.7365962
Longitudine:
10.5213226

Informazioni

Luogo di collocazione:
Area dedicata all'incrocio di due strade: Via Giordano Bruno (Strada Statale 9 – Via Emilia), angolo Via dei Quercioli
Data di collocazione:
Informazione non reperita
Materiali (Generico):
Bronzo, Laterizio, Marmo, Pietra
Materiali (Dettaglio):
Pietra per il tondo con scultura in bassorilievo, per la soglia su cui è posta l'edicola e per i due gradoni. Porfido per i cubetti che formano la pavimentazione dell'area. Marmi di vario tipo per la lapide, per la sua cornice, per le quattro colonnine, per i due capitelli, per la conca portafiori, per la lastra collocata sopra il basamento e per quella posta a mo' di zoccolo sotto il bassorilievo. Bronzo per le quattro croci cristiane presenti sulle colonnine. Ceramica per i fotoritratti dei Caduti. Mattoni per il basamento.
La struttura, a pianta rettangolare, è posta su una soglia pentagonale di pietra, con due gradoni dello stesso materiale. L'edicola è costituita da un grande basamento in mattoni dove, in posizione centrale, è collocato un tondo in pietra scolpito in bassorilievo che raffigura una Vittoria alata che sostiene il corpo di un Caduto. Vi si trova incisa anche la scritta “Oltre la morte/la vita la gloria”. Il tondo è incorporato in una cornice quadrata di pietra che poggia su uno zoccolo di marmo. Sopra il basamento, su un piano di marmo, abbiamo la lapide marmorea, dalla forma quadrata, su cui è composta l'epigrafe. Questa riporta la data dell'eccidio e i nomi di 20 dei 21 Caduti (essendone uno rimasto ignoto), ognuno con l'anno di nascita. Sono presenti anche i fotoritratti in ceramica di tutti i Caduti, compreso quello di colui che è rimasto senza nome, essendone stato fotografato il cadavere. Tutte le iscrizioni sono state riempite con vernice di color nero. Questa lastra ha intorno a sé una cornice in palladiana. Sul piano dinanzi alla lapide trova spazio una conca portafiori trapezoidale di marmo. Quattro colonnine di marmo grigio, due per lato, sostengono il timpano, mediante due grossi capitelli di marmo bianco. Su ogni colonnina è apposta una croce cristiana di bronzo. La copertura dell'edicola è in cemento.
Stato di conservazione:
Ottimo
Ente preposto alla conservazione:
Comune di Reggio Emilia
Notizie e contestualizzazione storica:
L'eccidio di Villa Cadè (frazione occidentale di Reggio Emila), perpetrato il 9 Febbraio 1945, fu la risposta che il Comando tedesco dette all'ennesimo attacco partigiano effettuato lungo la Via Emilia. Per i nazifascisti questa arteria era di primaria importanza per il traffico militare che vi transitava, essendo una strada posta a ridosso della Linea Gotica ed attraversante l'intera regione. Le forze della Resistenza lo sapevano bene e per questo era diventata uno degli obiettivi principali da colpire, creando panico e danni al nemico, distogliendo truppe dal fronte atte a presidiarla. La notizia fu resa pubblica l'indomani dal quotidiano “Il Solco Fascista” in queste scarne righe: “(...) Quale rappresaglia per il vile agguato contro militari germanici, nella notte tra il 7 e l'8 febbraio 1945 presso il Km. 186 tra Villa Cella e Villa Cadè, nelle prime ore del 9 febbraio 1945 sono stati passati per le armi sul posto 21 banditi. E' proibito sotto pena di morte allontanare i cadaveri prima delle ore 6 antimeridiane del 12 febbraio 1945”.
Infatti, proprio nel luogo e nel giorno indicati dal giornale, i partigiani della 144a Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci”, in unione ad alcuni membri delle S.A.P. (Squadre di Azioni Patriottiche) locali avevano colpito alcuni automezzi tedeschi causando un numero non quantificato di perdite in morti e feriti (1).
Il Comando tedesco, pertanto, decise l'ennesima misura draconiana prelevando dalle carceri di Parma, alle prime luci del 9 Febbraio 1945, 21 partigiani qui detenuti da tempo. Condotti a Villa Cadè, nei pressi del luogo dell'agguato, furono fatti uscire dall'automezzo uno per uno e, con le mani legate dietro la schiena con il filo di ferro, abbattuti con un colpo d'arma da fuoco alla testa. Secondo alcuni testimoni, tutti i condannati si comportarono con coraggio e dignità, qualcuno ebbe la forza di gridare “Viva l'Italia libera”. Particolare agghiacciante, una delle vittime ebbe il cranio sfracellato da una ruota del camion che li aveva condotti sul luogo dell'esecuzione (2).
I corpi, abbandonati sulla neve, non dovevano essere rimossi prima di tre giorni, macabro e consueto monito non solo per la popolazione, ma anche per i partigiani ed i loro sostenitori. Alcune madri di partigiani catturati, presagendo che fra quei ragazzi vi fosse il proprio figlio, si erano portate sul luogo dell'eccidio, ma a causa di questo divieto non poterono avvicinarsi. Prima di essere tumulati nel Cimitero di Reggio Emilia, il parroco di Villa Cadè ebbe l'accortezza di numerare i cadaveri, fotografarli uno per uno e conservare un pezzo di stoffa tolto dagli abiti, in previsione di una loro possibile, futura, identificazione a guerra conclusa.
La rappresaglia aveva colto di sorpresa anche i partigiani che per due notti avevano lasciato i sappisti sul luogo dell'agguato proprio con lo scopo di prevenire una paventata, immediata, ritorsione dei nazifascisti.

I Caduti:

2a Brigata “Beretta” (Divisione “Cisa”):
Lino Bottali (“Lucertola”), nato ad Albareto (Pr) nel 1923.

31a Brigata Garibaldi “Eugenio Copelli” (Divisione “Val Ceno”):
Bruno Ghisolfi (“Gabin”), nato a Collecchio (Pr) nel 1924 (3);
Umberto Guareschi (“Fiorello”), nato a Noceto (Pr) nel 1926;
Paride Saccò (“Biondo”), nato a Pellegrino Parmense nel 1925 (4);

76 Brigata Garibaldi S.A.P. “Angelo Zanti”:
Fausto Abati (“Nino”), nato a Casalgrande (Re) nel 1919 (5);
Lino Ghidoni (“Lino”), nato il 15 Settembre 1926, residente ad Albinea (Re) (6);
Stefano Mazzacani (“Caino”), nato nel 1925, residente a Selvaterra di Casalgrande (7).

Appartenenti alla 78a Brigata Garibaldi S.A.P. (Divisione “Val Ceno”):
Bruno Affanni (“Arno”), nato a Salsomaggiore Terme (Pr) il 2 Novembre 1922;
Eugenio Fontana (“Carlo”), nato a Trecasali (Pr) nel 1925.

Appartenenti alla 143a Brigata Garibaldi “Franci” (Divisione “Cisa”):
Mirko Andreoli (“Spumen”), nato a Coenzo di Sorbolo (Pr) il 14 Ottobre 1921, medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria (8);
Arnaldo Ghiretti (“Spartaco”), nato a Parma il 13 Febbraio 1920;
Angelo Padovani (“Nappo”), nato a Parma il 9 Ottobre 1914;
Antonio Schiavi (“Slim”), nato a San Pancrazio Parmense (frazione di Parma) il 14 Marzo 1924 (9).

178a Brigata Garibaldi S.A.P. (Divisione “Cisa”):
Marcello Cavazzini (“Nono”), nato a Parma nel 1928, cugino di Silvio Monica (10);
Silvio Monica (“Eroe”), nato a Quinzano di Neviano degli Arduni il 24 Settembre 1928

Brigata G.L. (“Giustizia e Libertà”) “Pablo”:
Attilio Bolzoni (“Tigre”), nato a Reggio Emilia nel 1927 (11).

Comando provinciale S.A.P. Parmense:
Ettore Platzech (“Dante”), nato a Parma il 26 Maggio 1904. Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria (12).

Formazione partigiana non individuata:
Elio Dresda, nato nel 1926;
Luigi Gabelli Serventi, nato nel 1922;
Flaminio Regazzi, nato nel 1925 (13);
Ignoto.

Questa drammatica e dolorosa storia ha, però, un epilogo dal sapore poetico, per non dire fiabesco, che merita di essere brevemente narrato.
Dopo la fine della guerra i parenti dei Caduti si erano recati al Cimitero per raccogliere le spoglie dei loro cari e riportarle ai loro paesi d'origine. Così fece anche la madre di Silvio Monica, Elvira, che poté recuperarne il corpo il 28 Maggio 1945, dopo l'identificazione, dalla Chiesa di San Pellegrino, a Reggio Emilia. Il funerale si svolse a Quinzano il 14 Giugno successivo e qui accadde l'inspiegabile: durante il trasporto della salma dalla Chiesa al locale Cimitero, mentre il corteo passava proprio nel luogo dove Silvio Monica ed il cugino Marcello Cavazzini erano stati catturati, una colomba si era posata sul feretro e lo accompagnò fino alla sepoltura. Non solo: pare che la colomba abbia poi trovato ricetto proprio nella casa di Silvio rimanendo accanto alla madre per ben 16 anni.

NOTE:
1) Dalla monumentale opera dello storico ed ex partigiano Guerrino Franzini “Storia della Resistenza reggiana”, ANPI Reggio Emilia, Tecnostampa, Reggio Emilia 1966 pag. 544, l'attacco dei partigiani avrebbe causato il danneggiamento di due automezzi, la distruzione di uno e la perdita di una decina di uomini tra morti e feriti. Altra fonte non documentata, parla di 3 militari tedeschi rimasti uccisi.
2) Secondo Luciano Zambianchi, nipote del partigiano Mirko Andreoli, una delle vittime dell'eccidio, questi avrebbe rifiutato di farsi bendare, sputando in faccia all'ufficiale che comandava il drappello dei carnefici. Questo comportamento aveva fatto sì che ricevesse una baionettata in testa come colpo di grazia (fonte presa da internet).
3) Il nome di battaglia di “Gabin” era mutuato dal noto attore francese Jean Gabin (1904-1976) con cui il partigiano aveva una certa somiglianza.
4) Indicato anche con il cognome di Sacco. Nella lapide l'anno di nascita risulta il 1924.
5) Catturato dai tedeschi a Casalgrande mentre, con altri 3 compagni, stava compiendo un'azione di recupero di armi e vestiario. I prigionieri furono interrogati al Comando germanico di Sant'Antonino di Casalgrande, poi a quello di Albinea per finire successivamente nel carcere dei Servi a Reggio Emilia. Riportato anche con cognome di Abbati.
6) Dall'archivio del partigianato reggiano consultabile sul sito dell'Istoreco (Ist. Storico della Resistenza di Reggio Emilia) il nome di battaglia sarebbe quello di “Ivan”.
7) Catturato come riportato in n. 5.
8) Indicato anche con il nome di Mirco. Già carabiniere durante il servizio di leva, dopo l'armistizio era entrato a far parte del movimento partigiano unendosi al gruppo “Artoni”, dislocato a Campora (Neviano degli Arduini), che successivamente confluì nella 47a Brigata Garibaldi (poi ridenominata 143a). Qui divenne comandante del Distaccamento “Gino Buraldi”. Nella prima settimana del Gennaio'45, insieme ai compagni “Saetta” e “Marco”, l'Andreoli si era portato nella zona di Bazzano Parmense (Neviano degli Arduini) per prendere contatto con le formazioni partigiane della zona, come da ordini ricevuti dal Comando di Brigata. Fu qui che il 5 Gennaio venne catturato dai tedeschi grazie alla delazione di uno sfollato che aveva voluto vendicarsi dopo che i partigiani gli avevano prelevato un maiale. Condotto nel presidio nazista di Ciano d'Enza (Re), dove fu ferocemente torturato, passò poi nelle carceri di Parma. Fonti Luciano Zambianchi e P. Tomasi ne “La Gazzetta di Parma” del 27 Ottobre 1995.
9) Il suo nome figura nella lapide che il Comune di Langhirano (Pr) ha dedicato ai suoi partigiani caduti.
10) Marcello Cavazzini era sfollato da Parma a Quinzano (Neviano degli Arduni), dove abitava il cugino Silvio Monica. Furono entrambi catturati dai tedeschi la notte sul 1° Febbraio 1945 mentre si trovavano di vedetta nei pressi di un mulino, sulle colline che da Quinzano conducono a Neviano e detenuti nelle carceri del presidio germanico di Ciano d'Enza.
11) Arrestato il 28 Gennaio 1945.
12) Di origini boeme, sposato, con due figli. Militante comunista, nel 1922 si era unito agli “Arditi del Popolo” di Guido Picelli durante le famose barricate dell'Oltretorrente e nei combattimenti contro le squadre fasciste capeggiate da Italo Balbo. Dopo l'armistizio si era dedicato ad organizzare i primi nuclei partigiani, collaborando con il Comando del III Battaglione S.A.P., che operava tra Mezzani, Sorbolo e Colorno (Pr). Il 30 Gennaio 1945, dietro delazione, fu catturato dalle Brigate Nere nella casa di Mezzani dove si trovava sfollato. Condotto a Parma nella sede del Sicherheitsdienst, a Palazzo Rolli, subì torture volte a estorcergli informazioni sul movimento partigiano. Successivamente passò nelle carceri cittadine di San Francesco fino al triste epilogo. Fonte: https://siamo-tutti-partigiani-parma.blogautore.repubblica.it/2014/09/12/ettore-platzech-dante/
13) Sulla lapide è indicato con il cognome Ragazzi.


Contenuti

Iscrizioni:
IL POPOLO DI VILLA CADE' AI MARTIRI
DEL 9 II 1945

L'UMANITA (sic) HA SCESO L'ULTIMO GRADINO DEL MALE
RISALIRA (sic) SOLO QUANDO ESSA SI SARA (sic) FATTA BUONA

I fila da sx a dx:
FAUSTO
ABBATI
N. 1919

BRUNO
AFFANNI
N. 1922

MIRCO
ANDREOLI
N. 1921

MARCELLO
CAVAZZINI
N. 1928

SILVIO
MONICA
N. 1928

ATHOS
BOLZONI
N. 1927

LINO
BOTTALI
N. 1923

ELIO
DRESDA
N. 1926

II fila da sx a dx:
EUGENIO
FONTANA
N. 1925

SERVENTI
GABELLI
N. 1922

LINO
GHIDONI
N. 1926

ARNALDO
GHIRETTI
N. 1920

UMBERTO
GUARESCHI
N. 1926

STEFANO
MAZZACANI
N. 1925

ANGELO
PADOVANI
N. 1914

ETTORE
PLATZECH
N. 1904

III fila da sx a dx:
BRUNO GHISOLFI

N. 1924

IGNOTO

FLAMINIO
RAGAZZI
N. 1925

PARIDE
SACCO
N. 1924

ANTONIO
SCHIAVI
N. 1924

Iscrizione nel tondo in bassorilievo:
OLTRE
LA MORTE
LA VITA
LA GLORIA
Simboli:
Quattro croci cristiane in bronzo poste su altrettante colonnine che sostengono il timpano.

Altro

Osservazioni personali:
Fonti:
(1) Dalla monumentale opera di Guerrino Franzini “Storia della Resistenza reggiana”, ANPI Reggio Emilia, Tecnostampa, Reggio Emilia 1966
(2) Dall'archivio del partigianato reggiano consultabile sul sito dell'Istoreco (Ist. Storico della Resistenza di Reggio Emilia)

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