74161 - Lapide ai Caduti di Marola nella guerra di Liberazione

Lapide in marmo bianco di Carrara, forma quadrata, cornice a sbalzo, tono su tono. Decoro scolpito nella parte superiore della targa: motivo floreale e nastri. Epigrafe incisa con caratteri neoclassici in colore nero.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Marola, vicino farmacia
Indirizzo:
Via N. Fieschi, 160
CAP:
19132
Latitudine:
44.090982325895865
Longitudine:
9.819248342258447

Informazioni

Luogo di collocazione:
Parete palazzina, lato strada
Data di collocazione:
1947
Materiali (Generico):
Marmo, Altro
Materiali (Dettaglio):
Lapide di marmo bianco di Carrara, dimensioni contenute. Vaso porta bandiera e fiori in metallo.
Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Comune della Spezia
Notizie e contestualizzazione storica:
Nella lapide vengono ricordati alcuni concittadini caduti nella Lotta di Liberazione.

Giuliano MORI, liberatore di Alba e fondatore della Repubblica Partigiana omonima, entra nella città di Alba il 10 ottobre 1944, insieme a gruppi di Autonomi e di Giustizia e Libertà. Il 3 gennaio 1945, mentre è di pattuglia in servizio di esplorazione notturna, si scontra con un reparto nemico. All’ intimazione di resa risponde col fuoco continuando strenuamente a combattere, ma viene ferito e muore.

Giuseppe DA POZZO, dopo l'8 settembre 1943, rientra alla Spezia e come molti elementi appartenenti alla Marina e all'Esercito, gravita da subito nell'orbita di quei nuclei resistenti che si organizzeranno in seguito come S.A.P. (Squadre Azione Patriottica). La sua morte avviene a seguito delle drammatiche vicende relative al grande rastrellamento nazi-fascista del 20 gennaio 1945. Insieme a Pagani, Grandis e a tre civili provenienti da Vezzola, il gruppo rimane isolato e si nasconde in una grotta-rifugio situata sul Dragnone. Qui arrivano però di sorpresa i tedeschi e, dopo un tentativo di opporsi reso difficile dalla superiorità del nemico, dal fatto che le armi a disposizioni sono poche e che l'unico Sten che i partigiani hanno si è inceppato, trattano con il nemico, per salvare almeno la vita ai civili che si sono uniti al gruppo.
La resa avviene sulla base della garanzia di essere trattati come prigionieri di guerra e che sarà concessa la libertà ai civili: tutti vengono ammanettati e portati a Vezzola, dove fanno finta di non conoscere nessuno fra la popolazione, per evitare ad essa rappresaglie.
Nel passare da Serò, nonostante si apra una possibilità di fuga, nessuno del gruppo la tenta per non mettere in pericolo i compagni.
Trasferiti a Brugnato e quindi a Borghetto Vara, i tre ufficiali partigiani, Da Pozzo, Grandis, Pagani, sono maltrattati e percossi dalla Brigate Nere che li hanno nel frattempo reclamati presso i tedeschi e portati alla Spezia nel carcere dell' ex 21°. Da Pozzo viene fucilato, insieme a Luigi Zebra, il 5 marzo 1945 a Monterosso. Tuttavia il sacrifico dei partigiani non risulta del tutto vano: infatti i civili catturati con essi sono risparmiati.

Paolo FAGGIONI, nato a Fezzano (La Spezia) il 10 gennaio 1926, vive al Montale (Marola, Comune della Spezia) in una famiglia di sentimenti antifascisti.
Dopo l'8 settembre 1943, frequentando il Liceo Scientifico "A.Pacinotti", assiste, secondo la testimonianza della sorella, in più occasioni, a sopraffazioni della Xa M.A.S., i cui militi vanno davanti alla sede del Liceo, scelgono i ragazzi con le chiome più fluenti e ondulate, li bloccano e tagliano loro, per intimidazione, i capelli. Tale fatto succede anche a Paolo.
Il giovane sceglie di passare alla Resistenza armata: il padre lo accompagna, insieme ad un coetaneo barbiere, con un calesse, da Luni (dove erano sfollatier i bombardamenti) fino ad una zona della Lunigiana dove si stanno organizzando i nuclei partigiani. Paolo Faggioni entra nella brigata 37 b, ma muore dopo appena quindici giorni dal suo arrivo in zona. Un possente rastrellamento nazi-fascista viene infatti eseguito ai primi di luglio 1944 su tutto il versante dell'Alta Lunigiana, da Bagnone a Licciana Nardi, chiudendo gli Appennini in una sacca. Paolo si trova con una decina di ragazzi come lui in una baracca sul monte Barca e, stretto in una morsa da cui è pressoché impossibile uscire, avvistati in lontananza dal campanile della chiesa di Lusana, muore il 4 luglio 1944.

Giuseppe SANVENERO e Attilio SANVENERO. Fra gli spezzini, assai alto è il numero di chi ha subito la deportazione. La città risulta infatti, già prima della II Guerra Mondiale, ma soprattutto nel corso di essa e specialmente dopo l'8 settembre 1943, percorsa da forti sentimenti antifascisti e antinazisti, contribuendo al radicamento del C.L.N., alla Resistenza in città e in montagna, ed attirando su di sé l'attenzione nemica.
In alcuni pesanti e drammatici rastrellamenti fra settembre e novembre 1944, decine e decine di persone vengono arrestate e costrette a seguire la trafila che le vede prigioniere innanzitutto alla Spezia ( in genere -ma non sempre- nel famigerato carcere del XXI°), poi a Marassi, a Bolzano e infine nei campi di concentramento veri e propri.

Contenuti

Iscrizioni:
9.9.43 - 25.4.45
I PARTIGIANI DI MAROLA
ALLA MEMORIA DEI CADUTI
NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE

FAGGIONI PAOLO PARTIGIANO
MORI GIULIANO """
SANVENERO GIUSEPPE INTERNATO
SANVENERO ATTILIO """
MORI GIORGIO """
DA POZZO GIUSEPPE """
Simboli:
Non sono presenti simboli.

Altro

Osservazioni personali:
Lapide ben conservata.

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