175667 - Lastra a Lattanzi Amedeo – Torre di Palme

Lastra, posta dai cittadini di Torre di Palme, dall’ANPI e dalla citta’ di Fermo, per commemorare il concittadino partigiano Amedeo Lattanzi, trucidato a Genova dai nazifascisti. Nella lastra si ricorda anche il gesto del tenente dei Carabinieri Giuseppe Avezzano Comes che si rifiutò di fucilarlo.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Torre di Palme
Indirizzo:
Piazzale della Rocca
CAP:
63900
Latitudine:
43.141290940804
Longitudine:
13.809871146696

Informazioni

Luogo di collocazione:
Sulla parete della torre che sovrasta i giardinetti della piazza.
Data di collocazione:
Informazione non reperita
Materiali (Generico):
Marmo, Altro
Materiali (Dettaglio):
La lastra è in marmo bianco con l'iscrizione incisa e verniciata.
Stato di conservazione:
Ottimo
Ente preposto alla conservazione:
Informazione non reperita
Notizie e contestualizzazione storica:
Amedeo Lattanzi, giornalaio, nacque a Fermo nel 1889. Dopo essersi trasferito a Genova, entrò nel Partito comunista italiano nel 1921. A causa delle sue idee antifasciste, venne perseguitato dal regime e messo sotto inchiesta nel 1938.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre1943 aderì al movimento di liberazione genovese. La sua edicola di piazza Di Negro divenne il centro di smistamento per le zone del ponente dei fogli clandestini “Unità” e “Italia Libera” e dei manifesti del C.L.N.. L’edicola fu uno dei punti principali di collegamento tra le varie formazioni partigiane in città e di rifornimento per i gruppi partigiani occupandosi del recupero di armi. Tradito da una delazione, venne arrestato dalle SS il 4 gennaio 1944, interrogato e torturato.

Il 13 gennaio 1944 ci fu a Genova un attentato di alcuni partigiani contro due ufficiali nazisti. Per rappresaglia, quella sera, Lattanzi venne processato dal Tribunale militare speciale insieme ad altri nove detenuti politici. Per otto di loro fu decretata la pena di morte. Oltre al Lattanzi furono condannati:
- Dino Bellucci, professore insegnante al Convitto Nazionale, responsabile della stampa clandestina del P.C.I. a Genova.
- Giovanni Bertora, iscritto al Partito d’Azione, proprietario della tipografia “Grafotecnica” di via Assarotti in cui stampava manifesti e giornali clandestini, tra cui “Italia Libera”, organo di Giustizia e Libertà.
- Giovanni Giacalone, straccivendolo, attivo partigiano nella zona di Staglieno.
- Romeo Guglielmetti, tranviere, responsabile dell’organizzazione clandestina antifascista nella zona della Val Bisagno.
- Luigi Marsano, operaio di 33 anni, saldatore elettrico della ”Termos”, addetto ai trasporti di armi e di stampa clandestina per le formazioni partigiane del C.L.N. del Porto.
- Guido Mirolli, proprietario di un’osteria divenuta punto di ritrovo e di collegamento dei patrioti.
- Giovanni Veronelli, falegname, attivo nei GAP.

Nelle prime ore del 14 gennaio 1944 il comandante della Legione dei Carabinieri di Genova ordinò al Tenente Giuseppe Avezzano Comes (di Pantaleo, nato il 24.3.1915) di recarsi con un plotone di 20 carabinieri al forte di San Martino per eseguire un “urgente servizio di ordine pubblico”. I carabinieri vennero raggiunti al forte da alcune macchine con a bordo numerosi ufficiali e militari tedeschi e fascisti che accompagnavano gli otto condannati. Un colonnello della milizia fascista, qualificandosi per il Console Grimaldi, ordinò al tenente Avezzano di procedere alla esecuzione mediante fucilazione dei condannati. Il coraggioso tenente dei Carabinieri oppose un secco rifiuto dichiarando di non riconoscere la legittimità di tale ordine né di chi lo impartiva, né del tribunale che lo aveva emesso. Nonostante le minacce degli ufficiali tedeschi e fascisti di farlo fucilare con gli otto patrioti: l’ufficiale mantiene fermo il suo rifiuto. Furono quindi gli uomini delle SS e della G.N.R. ad effettuare il massacro.

L’ultimo scritto del Lattanzi indirizzato ai familiari fu recuperato grazie al coraggio di sua moglie che all’indomani della fucilazione ne reclamò la restituzione al frate cappellano della G.N.R.
La lettera dice: “Io sottoscritto Lattanzi Amedeo, condannato a morte, lascio tutto ai miei figli Italia, Emilio, Maria e mia moglie eredi. Muoio tranquillo e a voi figlie e figlio e moglie e parenti tutti chiedo perdono di quanto soffrite per me, non lutto ma fede in Dio. A te cognato Eligio lascio la guida, e prendi in consegna il mio cadavere. Vi bacio tutti, vostro disgraziato marito e padre. Lattanzi Amedeo – Addio – Addio”

Fonti:
- https://www.anpigenova.it/2019/01/04/forte-san-martino-genova-14-gennaio-1944/
- http://www.ilquotidiano.it/articoli/2009/01/16/94153/la-citta-rende-omaggio-ad-amedeo-lattanzi

Contenuti

Iscrizioni:
ALLE PRIME LUCI DELL’ALBA
DI VENERDI 14 GENNAIO 1944
A GENOVA
NEL FORTE DI SAN MARTINO D’ALBARO
AMEDEO LATTANZI
VENNE TRUCIDATO DAI NAZI-FASCISTI
INSIEME AD ALTRI SETTE PATRIOTI

NEL MOMENTO ESTREMO DEL LORO SACRIFICIO
FURONO CONFORTATI
DALLA CERTEZZA DELLA RESISTENZA VITTORIOSA
E DELLA RINASCITA MORALE DELL’ITALIA
QUANDO IL PLOTONE DEI CARABINIERI
GUIDATO DAL GIOVANE TENENTE
GIUSEPPE AVEZZANO COMES
CON LUCIDA CONSAPEVOLEZZA E DETERMINAZIONE
SI RIFIUTO’ DI FAR FUOCO SUI FRATELLI

I CITTADINI DI TORRE DI PALME
L’ANPI
LA CITTA’ DI FERMO
POSERO
PER OGGI E PER LE GENERAZIONI FUTURE
RIFERIMENTO PERENNE
ALLA PACE E ALLA LIBERTA’
NEL NOME DI UN FIGLIO LUMINOSO
Simboli:
Informazione non reperita

Altro

Osservazioni personali:
Informazione non reperita

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