155804 - Lastra commemorativa in memoria di Caduti della Resistenza contro il nazifascimo – Monza

Lastra commemorativa in memoria di Vittorio Michelini, Alfredo Ratti e Raffaele Criscitello, Caduti della Resistenza contro il nazifascismo posta sul muro di cinta della Villa Reale di Monza presso l’ingresso del Liceo Artistico Nanni Valentini.

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Indirizzo:
via Boccaccio 1
CAP:
20900
Latitudine:
45.5915419
Longitudine:
9.2739137

Informazioni

Luogo di collocazione:
Sul muro di cinta della Villa Reale di Monza tra l'ingresso del Liceo Artistico Nanni Valentini e l'accesso secondario alla Villa su via Boccaccio
Data di collocazione:
1977
Materiali (Generico):
Marmo
Materiali (Dettaglio):
Lastra in marmo sostenuta da zanche di ferro
Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Comune di Monza
Notizie e contestualizzazione storica:
Dopo una notte di torture nelle carceri della Villa Reale Vittorio Michelini, Alfredo Ratti e Raffaele Criscitiello vengono fucilati in via Boccaccio la mattina del 25 gennaio 1945 su ordine di un tribunale italo-germanico. L’esecuzione avviene sul muro esterno della reggia in una via Boccaccio coperta da un’abbondante coltre di neve.
Le loro vite si sono incrociate nel corso di un’azione portata a termine la notte precedente: hanno tutti 22 anni e sono giovani partigiani.

Vittorio Michelini, monzese (8/05/1923), appassionato e abile alpinista, era un importante elemento di contatto tra le formazioni partigiane operative in montagna e i gruppi che organizzavano la Resistenza in città, in particolare la 104a S.A.P., un gruppo nel quale si schierarono, con ruoli e responsabilità diversi una dozzina di giovani monzesi (alcuni hanno meno di diciotto anni), tra cui Amos Crotti, Silvio Vietti, Pietro Gambacorti Passerini, Silvio Arosio, Silvio Besana, Renzo Ubezio, Franco Rossi, Primo Amari.
Alfredo Ratti, originario di Carugate (21/10/1923), svolse la sua esperienza partigiana principalmente tra i monti del Lecchese e le cittadine della Brianza. Il 24/01/1945 scese a Monza per portare a termine l'azione concordata con gli altri componenti della S.A.P.
Raffaele Criscitiello, originario di Avellino (10/06/1923), era un agente di Pubblica Sicurezza in servizio a Monza presso la caserma di via Volturno (al civico 35, oggi sede del Comando provinciale dei Carabinieri), sviluppò nel corso degli anni del conflitto sentimenti antifascisti, entrò così in contatto con la 104a Brigata Partigiana S.A.P. monzese. Aiutò ad organizzare l'assalto all'armeria della caserma del 24 gennaio 1945.
Dopo aver portato a termine l'azione concordata, i tre partigiani vennero catturati a causa di un probabile tradimento.
Nel 1977 la lapide che ricordava il sacrificio dei tre giovani venne distrutta da atti vandalici. Alla memoria del caduto Raffaele Criscitiello è dedicata una lapide sul Monumento ai Partigiani all’interno del cimitero di Monza.
Dalla testimonianza di F. Rossi: "La trattoria di via Manara a Monza ospita settimanalmente un gruppo di partigiani monzesi che si riuniscono per assicurare l'approvvigionamento di armi ai compagni attivi sulle montagne e per presidiare il territorio. Tra loro figurano due giovani appartenenti al Fronte della Gioventù: Vittorio Michelini e Alfredo Ratti. Il primo è un provetto alpinista, compagno di cordata del fratello di Franco Rossi; del secondo è nota l'esperienza di guerriglia sulle montagne lecchesi. Franco Rossi è il più giovane del gruppo e a lui è stato affidato il delicato compito di trasferire messaggi cifrati e lettere segrete fino a Lecco: il giovane è una delle cosiddette “staffette” che, con coraggio e a rischio della vita, fungono da connettori tra le formazioni partigiane sparse sul territorio. Sulle Prealpi lombarde, teatro della guerriglia brianzola, la resistenza prosegue con determinazione e ai ribelli occorrono sempre più armi. I partigiani del Fronte della Gioventù individuano nella caserma della Polizia di via Volturno a Monza il bacino adatto a fornire l'apparato bellico necessario. Il piano viene predisposto nel dettaglio con un enorme vantaggio: l'appoggio di un repubblichino. E' Raffaele Criscitello, una guardia proveniente da Avellino; si era arruolato, come tanti giovani, alcuni per convinzione, altri spinti dal timore e dal disorientamento generale, nella RSI, ma, pentitosi della scelta, inizia a mettersi in contatto con Michelini e gli altri partigiani monzesi.

Per stabilire i dettagli del piano, dodici ribelli si riuniscono nella trattoria di via Manara ed estraggono a sorte il nome dei tre combattenti che avrebbero portato materialmente a compimento l'azione: l'assalto alla caserma.
Il destino indica in Primo Amari, Vittorio Michelini e Alfredo Ratti i designati. Gli altri giovani, in piccoli gruppi, avrebbero distolto l'attenzione dal luogo dell'attacco, scrivendo frasi ingiuriose nei confronti di Mussolini sulle facciata di alcuni monumenti della città. Il piano viene correttamente predisposto, ma la presenza di un repubblichino genera diffidenza e timore in Alfredo Ratti. A Franco Rossi viene quindi affidato l'incarico di sorvegliare, l'indomani, l'area antistante la caserma per segnalare eventuali movimenti anomali. Il pomeriggio del 24 gennaio mostra a Franco Rossi solo una fitta nebbia, unita ad un intenso rigore invernale e nessun evento sospetto. L'azione è prevista alle ventuno e Rossi a quell'ora scrive sui muri del Liceo Zucchi, mentre altri compagni fanno altrettanto sull'Arengario. Sono le ventidue e, secondo la testimonianza fornita alla fine della guerra da Franco Ratti, fratello di Alfredo, l'auto attesa fuori dalla caserma, che avrebbe dovuto trasportare le armi in un luogo sicuro, non si presenta. Primo Amari si rifugia in un nascondiglio previsto, mentre Vittorio e Alfredo, armati, attraversano a piedi la città. I militi repubblichini, intrattenuti da uno spettacolo al teatro Supercinema Ponti, oggi Teodolinda, all'allarme lanciato dalla caserma, blindano l'intera città.

Franco Rossi non sa che il piano è fallito; un rilevante trambusto per le vie di Monza e il passaggio di numerosi mezzi motorizzati non destano in lui alcun allarme e, certo del buon esito dell'operazione, ritorna a casa. Ma alle due di notte la milizia fascista irrompe nell'alloggio: Franco e suo padre vengono bendati per essere condotti alla Villa Reale, nei luoghi tristemente noti per le torture compiute dai nazifascisti a danno dei resistenti. Qui la staffetta e il genitore vengono separati. Terrore e smarrimento si impadroniscono presto del giovane: ai militari è infatti nota la sua identità, nonostante i partigiani si conoscessero reciprocamente solo con il nome di battaglia. Franco, ammutolito, viene condotto davanti al maggiore Luigi Gatti e allo SS-Scharfuhrer Sigfried Werning, responsabile della Sicherungskompanie di Monza per l'interrogatorio: ad un tratto appare alla sua vista Vittorio Michelini: è quasi irriconoscibile, il volto tumefatto per le percosse ricevute. «Franco, parla, sanno tutto» sono le parole che gli rivolge.

Per Michelini e Rossi si aprono allora le porte di una cella angusta, arredata con un tavolo modesto e due sedie. Nel tragitto compiuto per giungervi hanno riconosciuto in un ambiente simile ed attiguo i compagni dell'azione: Criscitello e Ratti, il primo colpito al naso e il secondo ferito gravemente alle gambe.
Nella stanza in cui sono detenuti, Franco e Vittorio non possono comunicare per la presenza di un milite, armato di mitra, che li sorveglia. Solo una domanda, necessaria, comprensibile e doverosa viene formulata da Franco a Vittorio. La risposta che segue fornisce un dettaglio di grande importanza per la comprensione degli avvenimenti svoltisi durante la notte precedente, ma la cui interpretazione è tuttora avvolta nel mistero.
Franco Rossi: «Ma cosa è successo?»
Vittorio Michelini: «Tutta colpa di una donna».
Il nome e la funzione della donna non verrà mai rivelato e la sua identità rimane ancora oggi sconosciuta.

Michelini seduto sul tavolo della cella, guarda il cortile e la neve oltre i vetri della finestra. Quelle appena pronunciate sono le sue ultime parole prima della fucilazione: poco dopo, all'udire il suo nome, il giovane, atletico, balza giù dal tavolo e con agile gesto si precipita fuori dalla stanza.

Sono le 16.45 del 25 gennaio 1945 e le finestre vengono oscurate dalle persiane. Si ode un rumore assordante: le raffiche di venti repubblichini consegnano alla memoria i nomi di Vittorio Michelini, Alfredo Ratti e Raffaele Criscitello, salutati ogni anno dalla cittadinanza riconoscente, come martiri della Libertà". (fonte: A.N.P.I. Monza)

Per approfondire V. D'Amico, "Monza nella Resistenza", Monza 1960.
Alla storia di Vittorio Michelini, Alfredo Ratti e Raffaele Criscitiello è dedicato il fumetto "La neve era bianca. Monza, 25 gennaio 1945" di E. Mistrello, 2013.

Contenuti

Iscrizioni:
MICHELINI VITTORIO
RATTI ALFREDO
CRISCITIELLO RAFFAELE
25 1 1945
PER LA LIBERTÀ DELLA PATRIA
SOFFOCATA DAL NAZI-FASCISMO
IMMOLARONO LA LORO FIORENTE GIOVINEZZA
A.N.P.I. MONZA
Simboli:
Non sono presenti simboli sulla lastra.

Altro

Osservazioni personali:
Sotto la lastra commemorativa è posta una corona.
Ogni anno gli studenti del Liceo Artistico Nanni Valentini a fine gennaio ricordano il sacrificio di Vittorio Michelini, Alfredo Ratti e Raffaele Criscitiello alla presenza di Franco Rossi, sopravvissuto alla strage e testimone del fatti: allora era sedicenne, studente del Liceo Ginnasio B. Zucchi.

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