Posizione
- Nazione:
- Italia
- Indirizzo:
- Via del Camposanto, all'interno del Cimitero, viale a sinistra dell'ingresso principale
- CAP:
- 19126
- Latitudine:
- 44.11656745016122
- Longitudine:
- 9.856705069541931
Informazioni
- Luogo di collocazione:
- Viale Alberato (via principale) all'interno del cimitero cittadino
- Data di collocazione:
- 3 luglio 1929
- Materiali (Generico):
- Bronzo, Marmo, Ottone, Pietra
- Materiali (Dettaglio):
- Colonne in marmo bianco; basamento in marmo bianco; scultura in marmo bianco; corona e vasi in bronzo; targa in ottone.
- Stato di conservazione:
- Ottimo
- Ente preposto alla conservazione:
- Comune della Spezia e Dipartimento Alto Tirreno.
- Notizie e contestualizzazione storica:
- Il pontile «Pirelli» si spingeva in mare per un centinaio di metri, proprio dinnanzi a Pagliari, ed era stato costruito dalla Società Wickers Terni per imbarcare parte delle armi da guerra costruite dalla stessa Società. Inoltre, il pontile veniva utilizzato dalla Regia Marina Militare per l’imbarco di munizioni per l’armamento della flotta da guerra e per la difesa costiera nei numerosi Forti sulle alture che circondavano la Base navale della Spezia. Le munizioni erano rifornite dalla polveriera di Valdilocchi (ove avveniva il caricamento dei proiettili) e quindi depositate e immagazzinate nella Santa Barbara della vicina Ferarezzola a Vallegrande. Le polveriere erano cinte da mura, con garitte, ove permanentemente montavano la guardia i marinai.
"Nel pomeriggio del 3 Luglio 1916 al pontile della R.Marina, attiguo allo stabilimento Pirelli a S.Bartolomeo nel golfo della Spezia, un drappello di soldati d'artiglieria era intento a trasbordare da alcune bettoline, su carri ferroviari, vario materiale esplosivo appartenente al R.Esercito e sbarcato dal piroscafo Clio. In uno dei carri, nel quale erano sistemati dei razzi, si verificò un principio di incendio caratterizzato dallo scoppiettìo dei razzi medesimi; gli artiglieri erano privi di qualsiasi mezzo per provvedere all'isolamento dell'incendio e dovettero abbandonare il pontile; frattanto il Capitano di Corvetta Gandolfo, destinato ai vicini stabilimenti della Marina di Val di Lochi, veniva informato di quanto si stava svolgendo; egli senza por tempo in mezzo, dopo aver telefonato per avere a disposizione i mezzi atti a scongiurare l'incombente calamità e dopo aver radunato circa 100 marinai cannonieri artificieri e 80 soldati, correva al pontile. Le sue disposizioni valsero a rendere il disastro meno grave; una locomotiva da lui chiamata riusciva a trarre lontani cinque carri carichi di esplosivi; la pompa d'incendio della ditta Pirelli entrava prontamente in funzione mentre il Gandolfo, nell'impaziente attesa del ritorno della locomotiva, tentava con i suoi uomini di lanciare dai binare del pontile in mare, i vagoni incendiati..."
Dal Libro: "Le Medaglie d'Oro della R.Marina al Valor Militare", Roma, provveditorato generale dello Stato, 1926
Tutti i soccorritori, pur sapendo del grave pericolo che incombeva, si prodigavano freneticamente per lo spegnimento, formando una catena umana e pas- sandosi secchi di tela pieni d’acqua che attingevano dal mare. Ma, constatato che l’operazione non portava alcun risultato e i minuti inesorabilmente passavano, il capitano Gandolfo prese un’ultima disperata decisione: tentare di gettare in mare i vagoni. Mancando la motrice ordinò a tutti i numerosi presenti (si parlò di oltre un centinaio) di spingere a forza di braccia i vagoni, in modo che, con l’abbrivio, demolissero la barriera di fine corsa posta al limite del pontile. Ma questa non cedette, anzi provocò la terribile deflagrazione e la strage in cui perirono non solo quei prodi soccorritori ma i numerosissimi bagnanti — nella maggior parte giovani — della vicina spiaggia che, essendo di luglio, era gremita. Tra le vittime i molti curiosi che non valutarono il pericolo e non ascoltarono i disperati avvertimenti del personale di servizio che sventolava delle bandiere rosse. Fu anche la fatalità che, nel momento dello scoppio, proprio davanti al pontile stava passando il tram carico di bagnanti. I più rimasero uccisi. Fu una catastrofe, con centinaia di morti e feriti. Immediatamente, da tutti i settori militari e civili, partirono i soccorsi che si trovarono di fronte una apocalittica visione. Corpi dilaniati e straziati, brandelli di carne e ossa umane sparpagliati ovunque per un raggio di centinaia di metri. Se ne trovavano contro i grossi platani del viale San Bartolomeo e a penzoloni ai pochi mozziconi di rami scheletriti e sfogliati che avevano resistito alla deflagrazione, tra i cespugli; in mare a decine erano i corpi che galleggiavano. Ne furono trovati anche sui tetti delle case circostanti, che per la totalità erano danneggiate. Mentre i feriti venivano trasportati subito negli ospedali militari e civili, la pietosa raccolta dei corpi straziati prosegui per alcuni giorni. Infine intervenne uno speciale corpo di militari con cani addestrati alla ricerca di eventuali macabri resti umani non visti e nascosti nelle siepi o tra i cespugli. Cè ancora chi ricorda che li vicino, in un canale ove erano convogliate le limpide acque che scendevano dalle colline di Pagliari, una giovane donna stava lavando i panni e conversava con un marinaio che era ritto sopra l’argine. Nell’attimo dello scoppio lo vide scomparire e non fu più ritrovato, mentre la ragazza, che si trovava al riparo dal poderoso spostamento d’aria, rimase scioccata ma non riportò neppure un graffio e si salvò. L’esatto numero delle vittime di quella sciagura non fu mai accertato. Si parlò di diverse centinaia. I quotidiani dell’epoca, per ordine governativo, dovevano cercare di mimetizzare il fatto, per ragioni psicologiche, dal momento che si era in guerra contro l’Austria e si parlava di un sabotaggio o di un attentato nemico. Perciò tutti i quotidiani avevano l’ordine tassativo di riportare solo il comunicato della Stefani (che era l’Agenzia di informazioni governativa), pena l’essere censurati. Sicché i più diffusi quotidiani nazionali, come Il Caffero di Genova e Il Popolo d’Italia non accennarono per niente al fatto. Solo Il Corriere della Sera, del 5 luglio 1916, riporta questo annuncio: «La Stefani comunica: il giorno 3 alle ore 16,30, nelle adiacenze del porto della Spezia, una scatola di polvere causò l’incendio di tre carri ferroviari carichi di esplosivi. Si hanno da lamentare parecchie vittime e danni materiali ai fabbricati adiacenti al luogo dello scoppio. Si è recato alla Spezia il Sottosegretario di Stato italiano per le munizioni, generale Dall’Olio per stabilire le cause dello scoppio e ricercare eventuali responsabilità».
Ci furono 295 vittime accertate più centinaia di dispersi.
Contenuti
- Iscrizioni:
- Informazione non reperita
- Simboli:
- Iscrizione su architrave sopra il colonnato:
PER IGNES AD DEUM
Targa in ottone:
IL
DIPARTIMENTO
ALTO TIRRENO
ALLE
VITTIME DI PAGLIARI
3 LUGLIO 1929
Altro
- Osservazioni personali:
- Informazione non reperita