Posizione
- Nazione:
- Italia
- Indirizzo:
- Via Emilia (Strada Statale 9) angolo Via dei Martiri
- CAP:
- 42049
- Latitudine:
- 44.7501409
- Longitudine:
- 10.4821132
Informazioni
- Luogo di collocazione:
- Lato strada
- Data di collocazione:
- 30 Maggio 1946
- Materiali (Generico):
- Bronzo, Marmo, Altro
- Materiali (Dettaglio):
- Marmo grigio per la struttura che racchiude le lapidi ai Caduti. Marmo bianco per le lapidi ai Caduti. Ceramica per i fotoritratti dei partigiani. Bronzo per la lampada votiva posta sotto la lapide centrale. Metallo per il vaso portafiori che si trova dinanzi alla scalinata. Vetro (o plexiglas) per le formelle decorative.
- Stato di conservazione:
- Ottimo
- Ente preposto alla conservazione:
- Comune di Sant'Ilario d'Enza
- Notizie e contestualizzazione storica:
- La tarda sera del 12 Febbraio 1945 unità partigiane appartenenti alla 144a Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci”, (formazione operante sull'Appennino reggiano) insieme ad alcuni membri delle S.A.P. (Squadre di Azione Patriottica), effettuarono due distinte azioni di sabotaggio in altrettanti punti della Via Emilia. Questi attacchi si svolsero a Calerno, frazione del Comune di Sant'Ilario d'Enza.
Per i nazifascisti la Via Emilia era un'arteria di primaria importanza per il traffico militare; una via di comunicazione che si trovava a ridosso della Linea Gotica ed attraversante l'intera regione. Le forze della Resistenza lo sapevano bene e per questo era diventata uno degli obiettivi principali da colpire. Lo scopo era quello di creare danni e panico al nemico, distogliendogli truppe dal fronte per porle a presidio della strada. Anche questa volta i risultati furono notevoli. Secondo le relazioni stilate dai partigiani, tre macchine erano danneggiate, una incendiata ed un altra saltata in aria per lo scoppio di una mina. Il sopraggiungere di altri automezzi aveva impedito ai partigiani di rilevare anche le perdite umane inflitte al nemico.
Don Italo Paderni, all'epoca parroco di Calerno (1), ebbe a precisare che prima era stato colpito un furgone del corriere “Bandieri” (o “Banchieri”, diretto verso Reggio Emilia) di Modena, utilizzato generalmente dalla popolazione civile come mezzo di trasporto di fortuna, ma che in questa occasione aveva a bordo anche soldati italiani e germanici, poi un camion tedesco (diretto verso Parma) trainante un cannone che era saltato su di un mina. Infatti nella sua canonica erano giunti i passeggeri e i soldati colpiti nel primo agguato. Tra questi vi era un bersagliere già cadavere (Lindo Maragnini di Ferrara) ed un sottufficiale tedesco moribondo. Feriti in maniera più o meno grave risultavano altri due militari tedeschi ed uno italiano. Il sacerdote si era recato a Sant'Ilario d'Enza per cercare aiuto, rivolgendosi al dottor Azzolini. Poiché erano le ore del coprifuoco era stato avvertito anche il comandante del locale presidio della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) affinché fornisse dei militi di scorta. Nel ritorno verso Calerno il gruppo era stato fermato dai tedeschi che si trovavano a bordo del mezzo incappato nella mina, ma venuti a conoscenza del motivo del loro passaggio li avevano lasciati proseguire. Intorno alle 2:00 nella canonica di Calerno si erano presentati due ufficiali del Comando germanico di Parma che, in un primo momento, volevano scatenare una immediata rappresaglia facendo cannoneggiare le case poste sul luogo degli attentati. L'opera di soccorso svolta dal sacerdote nei confronti dei militari feriti, convinse i nazisti a desistere da questa intenzione.
Il giorno successivo si era svolto Calerno il funerale del bersagliere, a cui aveva preso parte tutta la popolazione ed anche un picchetto di militari germanici. La salma era stata poi tumulata nel locale Cimitero.
Per l'opera di soccorso svolta da don Paderni e dal dottor Azzolini, ma anche per il comportamento tenuto dagli abitanti, l'ufficiale tedesco aveva dato la garanzia che Calerno non avrebbe subito ritorsioni di alcun tipo.
La sera del 14 Febbraio, i tedeschi prelevarono dalle carceri di Cortile San Martino, a Parma, 20 partigiani, catturati in precedenza e per questo non certamente responsabili degli attacchi portati sulla Via Emilia. La maggior parte di loro proveniva dalle provincie di Parma e Piacenza. Intorno alle ore 20:00 giunsero a Calerno dove, sul Ponte Cantone (2), i prigionieri, con le mani legate dietro la schiena con il filo di ferro, furono disposti dieci per parte ai lati della strada e fucilati a colpi di armi automatiche (3). Già la sera del giorno precedente i tedeschi avevano prelevato gli stessi partigiani dicendo loro che sarebbero stati condotti per eseguire dei lavori, non meglio precisati. Per un guasto al camion che li trasportava arrivarono a Calerno alle 8:00. Inspiegabilmente, con la scusa di una mancata coincidenza, erano stati riportati nelle prigioni in cui fino a poche ore prima erano stati detenuti (4).
Crudele e beffarda fu la sorte di Oreste Tosini. Durante l'esecuzione era stato colpito ad una coscia ma, coperto da un compagno che era caduto sopra di lui, non aveva ricevuto il colpo di grazia come invece era toccato agli altri partigiani fucilati (5). Quando i tedeschi si erano allontanati,
liberatosi le mani, aveva cercato aiuto attirando l'attenzione degli abitanti del luogo finché, esausto, non era caduto svenuto nella neve. Soltanto il giorno dopo, 15 Febbraio, era stato notato dal giovane Sergio Garimberti che lo aveva visto appoggiato ad un albero nei pressi della propria abitazione. Garimberti aveva subito avvertito don Paderni ed entrambi (insieme anche ad Arturo Iemmi e Carlo Chierici) recatisi nel luogo, raccolsero il Tosini. Il sacerdote benedisse i corpi dei fucilati. Con un carretto trainato a mano il partigiano era stato portato nella canonica e qui aveva raccontato i particolari dell'eccidio (6). Poi era stato affidato alle cure della famiglia Alboni. Purtroppo la notizia era giunta anche ai fascisti ed un maresciallo e due militi, giunti in canonica, iniziarono ad interrogare il parroco, minacciandolo di fucilazione, ma poi si limitarono a piantonare il partigiano ferito.
Immediatamente don Paderni, cercando ogni modo possibile per salvare il Tosini, si era recato a Reggio Emilia dal maggiore Frase, comandante della Piazza, esponendogli gli avvenimenti (che l'ufficiale già conosceva) e supplicando la concessione della grazia. Il maggiore Frase fece presente che la questione non era di sua competenza ma del Comando SS, incaricato della lotta contro i partigiani. Tuttavia considerato il comportamento del sacerdote verso i soldati colpiti nell'agguato e che il Tosini era sopravvissuto all'esecuzione, questi assicurò al religioso che avrebbe salvato la vita al ragazzo.
Quando don Paderni era ritornato alla sua canonica vi aveva, però, trovato un automezzo militare tedesco: quattro soldati stavano caricandovi il Tosini. Il sacerdote fece loro presente che aveva parlato con il maggiore Frase, ottenendo l'immunità del ferito. I militari risposero che dovevano eseguire ordini superiori e ricoverare il Tosini all'Ospedale di Reggio Emilia.
Ma quando l'automezzo giunse sul ponte sul torrente Crostolo, lungo la strada tra Roncocesi (frazione di Reggio Emilia) e Cadelbosco Sopra (Re), i tedeschi fecero scendere il Tosini uccidendolo con alcuni colpi di pistola alla testa e buttandone il corpo nelle acque sottostanti. Il suo cadavere sarà ritrovato soltanto due mesi più tardi presso la chiusa di Cadelbosco Sopra.
Il Comando germanico fece pubblicare, poi, il seguente comunicato sulla stampa locale:
“Il 12 Febbraio 1945 in un vile attacco da parte di elementi terroristici imboscati, sono stati uccisi e feriti altri militari germanici.
Come soldati erano venuti qui, pronti a sacrificare la loro esistenza gloriosamente: questo destino non è stato loro concesso e sono caduti sotto i colpi di barbara mano sicaria. Eppure anche loro avevano una casa, una sposa, dei genitori che precipitano ora nel lutto e nel dolore giacché la sorte riserbata ai loro perduti congiunti è stata più tragica e più inumana di quella alla quale ha diritto ogni soldato.
Il Comando germanico non recede dal suo proposito di castigare il delitto e di rendere soddisfazione a coloro che piangono i cari vilmente assassinati. Le rappresaglie vogliono anche essere una categorica diffida per gli assassini i quali sono gli unici diretti responsabili del sangue che viene sparso.
Quale rappresaglia il Comando germanico ha ordinato la fucilazione sul posto di 20 fuori-legge.
I banditi passati per le armi testimoniano quanto sia inutile ed insano uccidere alle spalle i soldati germanici.
La forza combattiva germanica non si piega con una brigantesca aggressione.
Si arreca soltanto dolore alle famiglie degli assassinati e si procura ad un dato numero di fuori legge il meritato destino. Per ogni soldato germanico ucciso o ferito sarà fucilato un numero molteplice di banditi.
Essere partigiani significa morire presto o tardi come volgari criminali”.
Anche i fascisti, come i tedeschi, addossarono le responsabilità delle rappresaglie ai partigiani, dimostrando la loro subalternità all'alleato-occupante. Così sul giornale “Il Solco Fascista”:
“L'inflessibilità è dunque l'unico argomento col quale si potranno costringere questi delinquenti a smettere nella loro opera barbara: anche se dolorosa questa inflessibilità è necessaria e legittima. Il soldato tedesco combatte una guerra aperta e leale: chi lo insidia alle spalle è un vile o un venduto: come tale deve essere trattato. I responsabili di questo sangue sono soltanto i provocatori delle stragi e sulla loro testa ricadrà quel sangue e sulle loro coscienze peseranno i morti” (7).
I corpi dei fucilati erano rimasti a lungo abbandonati sulla neve. Accanto ad essi erano stati posti dei cartelli che li indicavano come “banditi”. Prima della sepoltura don Paderni riuscì a fotografarli e così fu possibile giungere ad una loro identificazione dopo la fine della guerra e a riconsegnare le spoglie ai loro parenti.
Questi i nomi dei Caduti:
Nello Avanzi, nato a San Pietro in Cerro (Pc) il 9 Maggio 1921, partigiano della 62a Brigata Garibaldi “Luigi Evangelisti” (Divisione “Valdarda”);
Pierino Avanzi (“Fra' Diavolo”), nato a Varano Melegari (Pr) il 1° Agosto 1927, partigiano della 31a Brigata Garibaldi “Eugenio Copelli”;
Corrado Barresi (“Amleto”), nato a Piazza Armerina (En) il 13 Marzo 1918, partigiano della 31a Brigata Garibaldi “Eugenio Copelli” (7);
Giuseppe Bellini (“Mater”), nato a Salsomaggiore Terme (Pr) il 15 Aprile 1924, partigiano della 31a Brigata Garibaldi “Forni”;
Giacomo Bernardelli (“Giacomo”), nato a Pezzare (Bs) il 2 Ottobre 1920, partigiano del Comando Divisione “Val Ceno”;
Guido Botti, nato a Pontenure (Pc) il 12 Febbraio 1925, partigiano della 38a Brigata Garibaldi “Wladimiro Bersani” (Divisione “Valdarda”). Sepolto nel Sacrario dei caduti partigiani nel Cimitero di Pontenure;
Bruno Faustini (“Risieri”), nato a Medesano (Pr) il 26 Ottobre 1926, partigiano della 31a Brigata Garibaldi “Eugenio Copelli”. Sepolto nel Cimitero di Roccalanzona (Medesano);
Raimondo Nino Fermi (“Raio”), nato a Caorso (Pc) il 26 Luglio 1917, partigiano della 62a Brigata Garibaldi “Luigi Evagelisti” (Divisione “Valdarda”);
Antonio Gandolfi (“Lunghini”), nato a Salsomaggiore Terme il 17 Gennaio 1923, partigiano della 31a Brigata Garibaldi “Forni”;
Renzo Melloni (“Campari”), nato a Salsomaggiore Terme il 9 Gennaio 1923, partigiano della 31a Brigata Garibaldi “Forni”. Sepolto nel Sacrario dei Caduti partigiani del Cimitero di Salsomaggiore Terme;
Franco Molinari (“Mariù”), nato a Pontenure il 5 Aprile 1925, partigiano della 38a Brigata Garibaldi “Wladimiro Bersani” (Divisione “Valdarda”). Sepolto nel Sacrario dei caduti partigiani nel Cimitero di Pontenure;
Amos Montecchi (“Gallo”), nato a Noceto (Pr) il 28 Dicembre 1923, partigiano della 78a Brigata Garibaldi S.A.P. ;
Aldo Pasqua (“Picchio”), nato a Pellegrino Parmense (Pr) il 2 Febbraio 1923, partigiano della 78a Brigata Garibaldi S.A.P. Sepolto nel Sacrario dei Caduti partigiani del Cimitero di Salsomaggiore Terme;
Giulio Resmini (“Cassa”), nato a Piacenza il 22 Giugno 1914, partigiano della Brigata “Pietro Inzani” (Divisione “Valdarda”). Sepolto nel Sacrario dei Caduti partigiani nel Cimitero di Piacenza;
Nicolò (o Nicola) Cosimo Salvo, nato a Villafranca Tirrena (Me) il 6 Dicembre 1920, partigiano della 31a Brigata Garibaldi “Eugenio Copelli”;
Oreste Tosini (“Orecchio”), nato a Salsomaggiore Terme il 26 Maggio 1922, residente in frazione San Vittore. Catturato durante un rastrellamento nel Gennaio '45. Partigiano della 78a Brigata Garibaldi S.A.P., sopravvissuto alla fucilazione, ma trucidato a Cadelbosco Sopra il 15 Febbraio 1945. Sepolto nel Sacrario dei Caduti partigiani del Cimitero di Salsomaggiore Terme;
Paride Zanatti, nato a Pontenure il 23 Luglio 1923, partigiano della 142a Brigata Garibaldi “Romeo” (Divisione “Valdarda”). Sepolto nel Sacrario dei Caduti partigiani nel Cimitero di Pontenure.
NOTE:
(1) La ricostruzione dell'eccidio fasi dell'eccidio sono state ricostruite attraverso le testimonianza di don Italo Paderni, parroco di Calerno e di Sergio Garimberti, abitante del luogo, entrambe riportate nel libro di Giuseppe Caliceti (a cura di) “Non siamo nati per bisticciare. Ponte Cantone 1945-2014”, Comune di Sant'Ilario d'Enza/Istoreco, I libri di Bao'bab ragazzi, rispettivamente alle pagg. 83/90 e 92/97.
(2) La configurazione del paese era molto diversa da oggi. Lungo Via Makallè, oggi denominata Via dei Martiri, scorreva un canale a cielo aperto che passava interrato sotto la Via Emilia, procedendo sempre a cielo aperto verso il Cimitero. Nel punto d’incontro tra le due strade, per collegare i due argini, c’era un piccolo ponte: Ponte Cantone, appunto (G. Caliceti op. cit.).
(3) I condannati erano stati fatti scendere dal camion sul ponticello, disposti in fila per due e con le mani legate dietro la schiena. Poi si era ripetuta la solita manfrina del mattino, con l'attesa di un altro automezzo. Infine, la scarica, improvvisa, dei mitra che facevano fuoco sui poveretti abbattendoli.
(4) Infatti, al mattino, don Paderni, mentre stava recandosi a celebrare la Messa nella tenuta “Spalletti”, aveva notato la presenza di diversi soldati tedeschi ma non era riuscito a sapere da loro il motivo di questa presenza.
(5) Don Paderni stava cenando in canonica con l'aricprete don Alboni e la famiglia di quest'ultimo, quando aveva udito le raffiche che stavano uccidendo i partigiani. Con l'arciprete aveva tentato inutilmente di recarsi sul luogo da dove erano giunti gli spari, ma gli fu ordinato di tornare in casa da una pattuglia di soldati e di chiudere porte e finestre.
(6) Erano 20 giovani, la maggior parte rastrellati nella montagna parmense perché renitenti alla leva militare della Repubblica Sociale Italiana. Molti erano iscritti all'Azione cattolica.
(7) Guerrino Franzini “Storia della Resistenza reggiana”, A.N.P.I. Reggio Emilia, Tecnostampa, Reggio Emilia 1966 pagg. 545/47, 546 n. 13.
(8) Sulla lapide, il luogo di provenienza del Barresi risulta essere Ghedi (Bs) dove oggi, come allora, è presente un importante aeroporto militare. All'indirizzo http://database.istitutostoricoparma.it/archivio/persone/barresi-corrado.html vi è la fotografia del Barresi in tenuta di volo dinanzi ad un caccia Macchi MC 200 “Saetta”. Le dimensioni dell'immagine non permettono di stabilire se fosse un ufficiale od un sottufficiale della Regia aeronautica, ma comunque permettono di ipotizzare che avesse prestato servizio nell'aeroporto del Comune bresciano, tra l'altro utilizzato anche dai nazifascisti.
Contenuti
- Iscrizioni:
- AI MARTIRI
LA DISPERATA VILTA' DEI BARBARI
IL PIANTO LONTANO DELLE MADRI
E LA TRAGEDIA IMMANE
DELL'ECCIDIO NOTTURNO
FURONO QUI' ATTORNO
A VENTI GIOVANI INERMI
FUCILATI
PERCHE' AMAVANO LA LIBERTA'
14 . 2 . 1945
EGIDIO GARDINI
D'ANNI 20
SALSOMAGGIORE PARMA
RENZO MELLONI
D'ANNI 21
SALSOMAGGIORE PARMA
GIUSEPPE BELLINI
D'ANNI 22
SALSOMAGGIORE PARMA
ANTONIO GANDOLFI
D'ANNI 22
SALSOMAGGIORE PARMA
ALDO PASQUA
D'ANNI 22
SALSOMAGGIORE PARMA
ORESTE TOSINI
D'ANNI 23
SALSOMAGGIORE PARMA
AMOS MONTECCHI
D'ANNI 21
FIDENZA PARMA
BRUNO FAUSTINI
D'ANNI 18
MEDESANO PARMA
ANGIOLINO TANZI
D'ANNI 22
PELLEGRINO PARMA
PIERINO AVANZI
D'ANNI 17
VARANO MELEGARI PARMA
GUIDO BOTTI
D'ANNI 19
PONTENURE PIACENZA
FRANCO MOLINARI
D'ANNI 19
PONTENURE PIACENZA
PARIDE ZANATTI
D'ANNI 21
PONTENURE PIACENZA
RAIMONDO FERMI
D'ANNI 27
VILLANOVA PIACENZA
NELLO AVANZI
D'ANNI 23
CORTEMAGGIORE PIACENZA
GIULIO RESMINI
D'ANNI 30
PIACENZA
CORRADO BARRESI
D'ANNI 26
GHEDI BRESCIA
GIACOMO BERNARDELLI
D'ANNI 24
PEZZAZE (sic) BRESCIA
LUIGI VIGLIO
D'ANNI 20
NAPOLI
NICOLA COSIMO SALVO
D'ANNI 21
ROMETTA MAREA MESSINA
- Simboli:
- Croce cristiana inscritta nell'arco soprastante l'edificio.
Altro
- Osservazioni personali:
- Informazione non reperita