43727 - Stele alle ragazze del Porto di Marotta “Faa’ di Bruno” – Mondolfo (PU)

Una stele con l’iscrizione fronte e retro è collocata in una aiuola, in un piccolo parco che porta il nome FAA’ DI BRUNO. Intorno sassi bianchi e vasi di ciclamini. A destra c’è una piccola lastra. Il tutto ricorda le undici ragazze del Porto di Marotta che per prime diedero soccorso all’equipaggio della cannoniera “Faa’ di Bruno” il 18 novembre 1917.

NOTA STAFF PIETRE: la stele è stata censita anche da Istituto Tecnico Archimede (a.s. 2015-2016), Istituto Comprensivo Gandiglio (a.s. 2017-2018) e I.C. Volponi Urbino (a.s. 2018-2019) nell’ambito del concorso “Esploratori della Memoria”.

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Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Marotta
Indirizzo:
Viale Carducci
CAP:
61037
Latitudine:
43.7737853
Longitudine:
13.1322538

Informazioni

Luogo di collocazione:
Area verde, lato strada
Data di collocazione:
18/11/1967
Materiali (Generico):
Bronzo, Marmo, Pietra, Altro
Materiali (Dettaglio):
Stele in marmo su basamento in pietra; lupa in bronzo; iscrizione in metallo argentato
Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Amministrazione comunale di Mondolfo
Notizie e contestualizzazione storica:
Promotore dell'iniziativa: Gustavo Dolfi Finocchi in collaborazione con un Comitato Nazionale presdieduto dal sen. Umberto Tupuni.
Finanziamento: Comune di Roma e Comune di Mondolfo.

ILDEBRANDO GOIRAN, il valoroso comandante del “FAA’ DI BRUNO” che nella furiosa tempesta del 18 novembre del 1917, che vedeva la tragica fine nelle acque di Senigallia, del “CAPPELLINI”, al comando del Capitano di Corvetta PESCE, manovrò coraggiosamente il suo Monitore fra le insidiose secche nello sconvolto mare di Marotta, sino al sopraggiungere su di un fragile palischermo, undici eroiche ragazze di questo piccolo borgo di pescatori che con rara perizia marinara, dopo avere soccorso l’equipaggio, con viveri, generoso vino e medicinali, ancorarono saldamente a terra il relitto.
L’eroico episodio è stato commemorato a Marotta a cinquant’anni dall’avvenimento, da un Comitato Nazionale
appositamente costituitosi in Roma.
Porto Marotta è una frazione del comune di Mondolfo in provincia di Pesaro, Cinquant’anni or sono era una fila snodantesi di casette rustiche e marinare, ognuna con il proprio orticello e il piccolo giardino di gerani e rose di Gerico. Le cisterne nel bel mezzo del verde, fra pochi e sparuti alberi da fusto venuti a dispetto della bora e del caldo e umido vento di levante. La biancheria sciorinata al sole arieggiava, per l’accoglienza innata delle donne che vivono accanto ai loro compagni marinai, a un gran pavese, che nelle giornate assolate e di asciutto vento attraversava da un campo all’altro la teoria gentile, marinara e agreste, dell’incasato, unito e libero per l’ampio respiro degli orti e dei giardini, che di ogni abitante faceva un intimo ed inviolabile fortilizio di sentimenti umani e semplici. Questo era cinquant’anni fa il piccolo borgo di casette poste in fila, fronte l’Adriatico verde smeraldo. Oggi porto Marotta si è dilagato e ha giuste pretese di cittadina balneare; ma come ieri e come sempre, fra la sua gente continua a svolgersi la serena vita patriarcale, perché questa è, e resta, la tradizione della Marca di Raffaello, di Leopardi, di Gentile da Fabriano e del Pergolesi, e da cui salgono ancora, nelle ore più impensate, stornelli al mare, alla luna, al sole e all’amore, come in quei lontani giorni in cui la storia lo volle al centro di un’epica e meravigliosa avventura nelle ore buie di Caporetto, e intorno a noi sembrava tutto crollasse travolgendo l’Italia nel suo lutto maggiore e più spietato. Le casette erano tutte a un piano terreno, luminose sotto il vasto cielo nello sfondo verde di basse e armoniose, digradanti colline, e per platea il mare. Oggi in gran parte tutto si è trasformato con il progredire della edilizia, ma ciò non toglie che la vita del luogo sia ancora lì, perennemente ferma come nello scenario inamovibile delle antiche tragedie corali e degli ancor più antichi simboli dell’età primeva. Foschi giorni di novembre 1917. Cieli scuri e balenanti, mare tempestoso e ruggente, quasi indicare una volontà ignota e suprema di ribellione a quell’ora di smarrimento che minacciava l’integrità della Patria. Affollati treni di profughi avevano intasato la linea ferroviaria, e i treni militari fermi tra Senigallia e Ancona attendevano di proseguire verso il Nord. Notte fonda sul litorale sferzato dalla bora. Porto Marotta veglia nell’intimità delle sue case modeste. Gli uomini sono pochi e anziani, le donne lavorano di maglia e calzerotti per i combattenti al fronte, innanzi ai camini, ove da qualche giorno è tornato a bruciare il tradizionale ceppo invernale. La mala nova portata dal vento s’è sparsa improvvisamente fra le popolazioni rivierasche prima ancora delle notizie ufficiali. Sono mamme e spose che trepidano per i loro uomini, di cui improvvisamente non hanno avuto più notizie. M a che vi fosse una sola lacrima nel loro ciglio, io vi dico che no. Le casette alle quali avevamo bussato in questa notte di tempesta e di angoscia, impossibilitati a proseguire lungo la litoranea, ci avevano aperta la porta. Solo volti severi e asciutti e calmo accento nella voce invitante all’ospitalità. Non passo tempo che tutti fummo scossi dal lugubre ululato di sirene sul mare che impazziva sotto le raffiche rabbiose del vento e lo scroscio della pioggia. Il “Capellini “ e il “Faà di Bruno” , potenti pontoni armati della marina da guerra dalle torri binate, investiti in pieno dall’uragano mentre si trasferivano da Venezia ad Ancona sotto la scorta di una flottiglia di torpediniere, rotti i canapi di rimorchio e investiti dai frangenti, stanno scarrocciando verso la spiaggia.
Se ne intravedono le scure sagome sotto la luce paurosa dei lampi. Da Ancona avevano tentato di accorrere in soccorso i grossi rimorchiatori d’alto mare; ma erano stati costretti a rientrare dall’inaudita violenza delle onde. La flottiglia delle torpediniere impegnata al largo contro la minaccia dei sommergibili austriaci, era già di per sé in notevoli difficoltà. Il “Cappellini” andrà a capovolgersi poco dopo tra la Marzocco e le foci dell’Esino. Solo quattro uomini si salveranno dal naufragio. “Il Faà di Bruno” sta per seguirne le sorti. Ne ritarda il dramma il valoroso comandante Goiran. Sulla spiaggia di Porto Marotta c’è tutta la popolazione. Corrono i vecchi pescatori da palischermo a palischermo, alte nel pugno le crepitanti fiaccole di catrame. Le donne serrate in neri scialli, come in gramaglie, fanno crocchio, in ginocchio, sgranando il rosario pregando ad alta voce. E’ una visione che soltanto il Dorè avrebbe potuto rappresentarci. Ma il mare respinge e travolge le barche di salvataggio appena esse hanno lasciato la battigia. L’eroismo e lo spirito di abnegazione dello equipaggio del “Faà di Bruno” a nulla servono. Il pontone armato è già nella presa mortale delle secche insidiose poco più di un miglio dalla riva e i frangenti la flagellano da ogni parte. Nulla sembra possano gli uomini di Porto Marotta, tra i quali, anche se vecchi, molti vi sono che sfidarono un giorno la furia degli oceani. L’eroico tentativo su di un battello di fortuna di un marinaio di porto tale Ghirardelli, di stabilire una comunicazione con la terra e stendere ormeggi, forse ritarderà il naufragio, ma non riuscirà ad evitarlo. Il destino del “Cappellini” già incombe in tutta la sua drammaticità sul “Faà di Bruno”. Ma all’alba del secondo giorno, malgrado il mare non accenni a placarsi, una piccola e sottile “sciabica” s’è staccata dalla spiaggia. Sono dieci remi come ali battenti, sfiorano a rapido ritmo le creste delle onde. E’ come una bandiera o un’insegna portata di vetta in vetta da un’anelante spirito di vittoria. Sono dieci piccole ragazze, dieci generosi cuori di adolescenti, legate tutte dal sangue di un unico ceppo. L’undicesima, una giovanissima sposa, come da una antica arca, ha fra le mani asciutte e nervose la barra del timone dirigendo la prua lunata dell’imbarcazione sul “Faà di Bruno”. Il bianco palischermo avanza con la stessa audace eleganza delle procellarie quando queste sfiorano a volo radente il mare tempestoso. La giovanissima e animosa “capitana” forse non ha ancora diciassette anni, Erinna Simoncelli è il suo nome. Tutte la altre sono sorelle o cugine tra i quattordici e i sedici anni. Il “Faà di Bruno” è accostato mentre la tempesta sta raggiungendo il suo culmine e nel cielo color lavagna è tutto un lampeggiare di saette. La coraggiosa “capitana” d’un balzo è sul ponte dell’infelice relitto. Viveri, vino generoso, medicinali, tutto raccolto di casa in casa quella notte stessa dell’eroica decisione, vengono trasbordati con perizia non comune da quello straordinario equipaggio, mentre gli uomini del “ Faà di Bruno” usciti compatti dalla torre binata, ove si erano asserragliati per non essere travolti dalle onde che si abbattono con colpi di maglio sulla coperta, già in parti squarciata, salutarono le giovanette con un nutrito applauso, e rianimati da quell’entusiasmante esempio, tornarono con rinnovato vigore ai posti di manovra. Erinna! Ancor più mitico e simbolico è il nome in quell’ora di disperato coraggio. Compiuta la missione, l’intrepida ragazza si senta un di più a bordo e senza attendere ancora un minuto solo si tuffa in mare raggiungendo a rapide bracciate la spiaggia dipanando la sagola affidatale, che servirà a filare una solida gomena che assicurerà definitivamente il “Faà di Bruno” alla riva sino al momento in cui, diminuita la violenza dell’uragano, potrà venire disincagliato dai normali mezzi della Marina.
Il 24 agosto 1919, nella pubblica piazza di Porto Marotta, innanzi a un reperto di marinai che presenterà le armi, le coraggiose adolescenti, protagoniste di sì meravigliosa avventura, verranno decorate con medaglia di bronzo al valor militare di Marina. Ecco i loro nomi, per la storia, affinché essi restino scolpiti nel cuore degli italiani, esempio e monito alle nuove generazioni:
“Erinna Simoncelli, Giustina Francesconi, Silvia Ginestra, Teresa Isotti, Edda Paolini, Arduina Portavia, Emilia Portavia, Emilia Portavia di Nicola, Nella Portavia di Nicola, Maria Portavia, e l’undicesima, la giovanissima sposa Maria Zampa, che con mano ferma alla barra del timone portò con audacia alla perigliosa accostata la piccola “sciabica”

DA UN ARTICOLO SUL “TEMPO” DEL COMANDANTE DOLFI.

Contenuti

Iscrizioni:
(Al recto)
ROMA / UNENDOSI NEL RITO AI CITTADINI DI MAROTTA / ESALTA NEL SIMBOLO DELLE SUE ANTICHE ORIGINI / L'EROISMO DELLE 11 RAGAZZE DI QUESTO PATRIO LIDO / CHE IL 18 NOVEMBRE 1917 SU FRAGILE PALISCHERMO / DOMINARONO LA TEMPESTA / ACCORRENDO NEL MARE IMPETUOSO IN SOCCORSO DEL ''FAA' DI BRUNO'' / DAL FORTUNALE GETTATO ALLA DERIVA / CONTRIBUENDO CORAGGIOSAMENTE AD EVITARE IL NAUFRAGIO / NELLA INCOMBENTE NOTTE DI CAPORETTO CHE GRAVAVA SULLA NAZIONE / IL LORO EPICO GESTO RIACCESE NEL CIELO FOSCO DI PRESAGI / LA LUCE DELL'AURORA / 18 NOVEMBRE 1917- 18 NOVEMBRE 1967

(Al verso)
''PICENE DI ANTICHE ORIGINI / ERAN GIA' NEL MITO DELL' ETA' PRIMEVA ANCOR PRIMA DELL'EVENTO CHE LE VIDE / AGLI SCALMI IMPAVIDE DOMINARE LA TEMPESTA''/ GABRIELE D'ANNUNZIO / GIUSTINA FRANCESCONI / SILVIA GINESTRA / TERESA ISOTTI / ELDA PAOLINI / ARDUINA PORTAVIA / EMILIA PORTAVIA DI GIUSEPPE / EMILIA PORTAVIA DI NICOLA / MARIA PORTAVIA / NELLA PORTAVIA / ERINA SIMONCELLI / MARIA ZAMPA

(Sulla targa)
RESTAURO PROMOSSO DA / ASSOCIAZIONE MALARUPTA / IN COLLABORAZIONE CON / COMUNE DI MONDOLFO / E BANCA VALCONCA. / 21 novembre 2015
Simboli:
In alto si può vedere il simbolo della lupa capitolina che allatta i due fratelli Romolo e Remo.

Altro

Osservazioni personali:
La stele si trova in questo sito da pochi mesi; è stata diversi anni in un magazzino in attesa di essere distrutta, poi è stata anche in un rimessaggio per altro tempo. Per oltre 10 anni gli abitanti di Marotta sono stati privati del monumento e forse non si sono nemmeno troppo interessati di riaverlo. Finalmente, ora, è ben visibile ed è molto vicino al centro del paese.

I.C. Gandiglio: La disfatta di Caporetto provocò lo sgombero precauzionale di alcuni natanti che dalla base di Venezia partirono in direzione di Ancona: il pontone armato “Cappellini” ed il monitore “Faà di Bruno”. Scortati da una flotta di torpediniere all’altezza delle nostre coste, entrambi i mezzi della Marina vennero investiti da una violenta tempesta. Il “Cappellini” s’inabissò di lì a poco nei pressi di Marzocca di Senigallia con soli quattro superstiti, mentre il “Faà di Bruno” con al comando il capitano di corvetta Ildebrando Goiran, incagliato nelle secche di Marotta, sembrava avere il destino segnato. Ma undici ragazze marottesi con una piccola imbarcazione raggiunsero il “Faà di Bruno” rifornendo di viveri e medicinali l’equipaggio ormai esausto, riuscirono perfino ad ancorare a terra il relitto e quindi a salvare la vita dei marinai. Il 24 agosto del 1919 alle ragazze venne cosegnata la Medaglia di Bronzo al Valore Militare della Marina Militare. Trascorsi cinquant’anni dall’episodio, il 18 novembre 1967 il Comitato Nazionale per le Onoranze alle “Undici Ragazze di Porto Marotta”, rese onore a quelle gesta con una cerimonia dove nell’allora Piazza Fiume avvenne lo scoprimento di una lapide commemorativa, che si onorava del simbolo primigenio della Lupa Capitolina, omaggio del Sindaco di Roma “all’eroismo di 11 animose ragazze che il 18 novembre 1917, nelle ore buie di Caporetto, accorrevano in soccorso del Monitore “Faà di Bruno” flagellato dalle onde”. Veniva quindi scoperta la lapide di marmo con una dedica argentea, <>. Sul retro della stele erano invece incise le parole di Gabriele D’annunzio: “Picene di antiche origini, eran già nel mito dell’età primeva, ancor prima dell’evento che le vide agli scalmi impavide dominare la tempesta” con i nomi delle giovani donne che avevano preso parte al gesto eroico: GIUSTINA FRANCESCONI (19 anni); EMILIA PORTAVIA di Nicola, (17 anni); SILVIA GINESTRA, (30anni); MARIA PORTAVIA (16 anni); TERESA ISOTTI (15 anni); NELLA PORTAVIA (13 anni); ELDA PAOLINI (16 anni); ERINA SIMONCELLI (20 anni); ARDUINA PORTAVIA (14 anni); MARIA ZAMPA (28 anni); EMILIA PORTAVIA di Giuseppe (18 anni).
Il 18 Novembre 1987 in occasione del 70° anniversario dell’evento, il Cippo veniva spostato nei giardini “Faà di Bruno” nell’allora Comune di Fano, qui rimaneva per 5 anni, poi i giardini “subivano” un radicale cambiamento sempre ad opera del Comune di Fano e nel 1992 la Lapide venne estirpata per far posto a manufatti diversi. Della Lapide nessuna notizia per molti anni, fino a quando nel 2007, veniva ritrovata nel deposito della ditta che aveva effettuato i lavori di sbancamento dei giardinetti. Avvisate le autorità locali, la Lapide veniva portata nel deposito del Comune di Mondolfo. Lì giaceva per molti anni, fino a quando l’Associazione Malarupta chiese e ottenne dall’amministrazione comunale di farsi carico del suo restauro. Finalmente il 21 novembre 2015 la stele tornò di nuovo visibile pur nella sua rammendata veste, negli attuali giardini “Le Undici Eroine”. Marotta, 18 Novembre 1917 - 18 Novembre 2017

I.T. Archimede: Commemora un eroico atto di undici ragazze di Marotta, tra i 14 ed i 16 anni, figlie di pescatori, che ottennero la medaglia di bronzo per aver portato viveri e medicinali, durante un fortunale, al Pontone armato della Marina “Faà di Bruno”, bloccato al largo di Marotta con la seguente motivazione: “(Erina Simoncelli) equipaggiò con altre animose cittadine di Marotta una imbarcazione e riuscì coraggiosamente, malgrado il forte vento e il grosso mare, a vincere i frangenti e a rifornire di viveri una unità navale che trovavasi gettata alla spiaggia di Marotta dalla violenza del fortunale”. Le ragazze erano: Francesconi Giustina, Ginestra Silvia, Isotti Teresa, Marinelli Franca, Paolini Elda, Portavia Arduina, Portavia Emilia di Giuseppe, Portavia Emilia di Nicola, Portavia Maria, Portavia Nella, Simoncelli Rina (Adalgiso Ricci, Marotta, Appunti di storia e di Cronaca, Ancona, 1948).
Il monumento, offerto nel 1967 dal Comune di Roma, è stato recentemente restaurato dalla ditta “Il Compasso” di Urbino per iniziativa dell’Associazione Malarupta, con il contributo della stessa Associzione, della Banca Valconca, del circolo culturale Marotta e della Croce Rossa e collocata il 21 novembre 2015 nei giardinetti Faà di Bruno sul lungomare Colombo http://www.malarupta.it/2015/11/17/il-monumento-delle-undici-eroine-torna-alla-cittadinanza/.

NOTA STAFF PIETRE: la stele è stata censita anche da Istituto Tecnico Archimede (a.s. 2015-2016), Istituto Comprensivo Gandiglio (a.s. 2017-2018) e I.C. Volponi Urbino (a.s. 2018-2019) nell'ambito del concorso "Esploratori della Memoria".

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