279551 - Pietre d’inciampo, lapide e lastra alla famiglia Gani a Ca’ Bianca – Seregno (MB)

A Seregno la famiglia ebrea Gani è ricordata con cinque pietre di inciampo, affiancate e ciascuna a ricordo dei membri della famiglia, una lastra e una lapide. Quest’ultime sono una metallica e una di marmo, poste ai lati del portone di ingresso della Ca’ Bianca.

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Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Ca' Bianca
Indirizzo:
via Francesco Trabattoni 81 e 83
CAP:
20831
Latitudine:
45.65345435585
Longitudine:
9.2045062796491

Informazioni

Luogo di collocazione:
Ai lati dell'arco da cui si accede al civico 83 di via Trabattoni, il caseggiato dove fu ospitata la famiglia Gani
Data di collocazione:
26 Gennaio 2019
Materiali (Generico):
Bronzo, Marmo, Pietra, Altro
Materiali (Dettaglio):
Pietre d'inciampo: cubetti di porfido ricoperti da una piastra di ottone sulla faccia superiore, su cui è incisa la dedica. Misura della piastra in ottone: 10x10 cm.
Lapide in marmo con iscrizioni in rilievo di bronzo.
Lastra metallica.
Stato di conservazione:
Ottimo
Ente preposto alla conservazione:
Comitato per le Pietre d'inciampo di Monza e Brianza
Notizie e contestualizzazione storica:
Giuseppe Gani, ebreo greco, giunse in Italia nel 1918. Si stabilì inizialmente a Milano. Si trasferirsi poi a Napoli, ma nel 1925 tornò a Milano e sposò Speranza Zaccar (ebrea anch'ella, di origini greche) che gli diede tre figli: Regina, Ester e Alberto.
Dal 1934 vissero nell'elegante corso Vercelli come benestanti grazie all’attività di commercio tessile di Giuseppe.
Con l’emanazione delle leggi razziali del 1938, la vita della famiglia cambiò radicalmente: dovettero chiedere il permesso di restare in Italia come ebrei stranieri, ma Regina fu espulsa dalla scuola. Nel 1942 Giuseppe fu internato a Seregno, dove la famiglia si rifugiò presso alloggi di fortuna.
Durante l'inverno del 1943 si nascosero alla Ca’ Bianca di Seregno, ospitati dalla famiglia Casati, mentre Giuseppe Gani si rifugiò in via Volta, presso una delle figlie sposate del Casati.
Giuseppe riuscì a trovare riparo altrove, ma sempre a Seregno.
Nel 1944 la questura confiscò tutti i loro beni, compreso il loro appartamento di Corso Vercelli.
Nell’agosto 1944, un delatore denunciò e fece arrestare tutta della famiglia, che imprigionata nel carcere milanese di San Vittore fu poi instradata a Bolzano per poi essere deportata in Germania.
Partirono da Bolzano il 24 ottobre 1944 col convoglio numero 18 (su cui Alberto Gani fu l'unico bambino) e furono deportati ad Auschwitz.
Giuseppe, Speranza ed Alberto furono uccisi all'arrivo mediante le camere a gas.
Regina ed Ester furono trasferite a Bergen-Belsen, dove morirono probabilmente l’11 febbraio 1945.
Con questo epilogo fu spezzata la vita di
Giuseppe Gani (49 anni), Speranza Zaccar (44 anni), Regina Gani (18 anni), Ester Gani (14 anni) ed Alberto Gani (10 anni).

FONTI
  • brianzacentrale: Cinque pietre d'inciampo
  • brianzacentrale: Storia della famiglia Gani
  • brianzacentrale: pietre d'inciampo in Brianza
  • Liceo Classico Manzoni - Seregno

    APPROFONDIMENTI
  • Leggi razziali del 1938
  • Pietredellamemoria: Lastra in memoria dei detenuti di San Vittore – Milano
  • ANED: lager di Auschwitz
  • ANED: lager Bergen-Belsen
  • ANED: lager Mauthausen-Gusen
  • Contenuti

    La Ca' Bianca

    Targa Comitato per le Pietre d'inciampo di Monza e Brianza

     

    GIUSEPPE GANI
    16 AGOSTO 1895-28 OTTOBRE 1944

    REGINA GANI
    7 DICEMBRE 1926-11 FEBBRAIO 1945

    ALBERTO GANI
    20 APRILE 1934-28 OTTOBRE 1944

    SPERANZA ZACCAR
    17 OTTOBRE 1900-28 OTTOBRE 1944

    ESTER GANI
    19 LUGUO 1928-11 FEBBRAIO 1945

     

    La prima residenza di Giuseppe Gani in Italia risale al 1918 presso la pensione Orefice, nell’omonima via di Milano. Si trasferì poi a Napoli fino al 1925. Sposò Speranza Zaccar a Milano nell’ottobre dello stesso anno. Nacquero tre figli, Regina, Ester e Alberto. Dal 1934 la famiglia si trasferì in corso Vercelli 9, a Milano. Erano benestanti, Giuseppe era titolare di una ditta di commercio di tessuti, avevano un bell’appartamento. Dopo l’emanazione nel 1938 delle leggi razziali la loro vita si complicò.
    Furono costretti ad inoltrare domanda (1939) per pater rimanere in Italia in quanto ebrei forestieri. Regina venne espulsa dal Liceo Manzoni di Milano con altri 64 studenti. Il giorno 9 aprile 1942 il questore di Milano comunicò l’invio di Giuseppe Gani a Seregno in qualità di internato per il giorno 12, fatto che venne confermato dal podestà con risposta ufficiale.
    La presenza della intera famiglia sembra però risalire a qualche mese precedente: taluni cedolini delle presenze di stranieri in città segnalavano la presenza di cinque ebrei di origine greca alla “Trattoria con alloggio Umberto I” di via Vittorio Emanuele, attuale corso del Popolo. Il 16 giugno 1944 la questura di Milano decretò la confisca di tutti i beni della famiglia compreso l’appartamento a Milano. Tra l’inverno del ’43 e la primavera del 44 cambiarono nascondiglio trasferendosi alla Ca’ Bianca in Seregno, ospitati dalla famiglia Casati, gente umile, contadina, antifascista. Giuseppe Gani invece trovò riparo in via Volta presso una delle figlie sposate del Casati.
    Alla fine del mese di agosto un delatore causò l’arresto della intera famiglia e il 20 agosto fu condotto nelle celle di S. Vittore. Il 7 settembre fu trasferita nel campo di raccolta di Bolzano-Gries.
    Il treno che li condusse tutti ad Auschwitz parti il 24 ottobre, convoglio numero 18. Vi era un solo bambino su quel treno, Alberto Goni, Giuseppe, Speranza ed Alberto finirono subito nelle camere a gas mentre Ester e Regina finirono a Bergen Belsen dove perirono probabilmente 1’11 febbraio 1945.

    Lapide dedicata dal Comune di Seregno e dal il Comitato Unitario Antifascista alla famiglia Gani il 25 aprile 1999.

     

    A RICORDO
    DELLA FAMIGLIA EBREA GANI
    QUI SCOPERTA E ARRESTATA
    DAI NAZIFASCISTI NELL’AGOSTO 1944
    DEPORTATA E STERMINATA NEI LAGER
    DI AUSHWITZ E BERGEN BELSEN

    COMUNE DI
    SEREGNO

    25 APRILE

    25 APRILE 1999

    Giuseppe Gani

    QUI ABITAVA
    GIUSEPPE GANI
    NATO 1895
    ARRESTATO AGOSTO 1944
    DEPORTATO
    AUSCHWITZ
    ASSASSINATO 28.10.1944

    Speranza Zaccar

    QUI ABITAVA
    SPERANZA ZACCAR
    ΝΑΤΑ 1900
    ARRESTATA AGOSTO 1944
    DEPORTATA
    AUSCHWITZ
    ASSASSINATA 28.10.1944

    Regina Gani

    QUI ABITAVA
    REGINA GANI
    ΝΑΤΑ 1926
    ARRESTATA AGOSTO 1944
    DEPORTATA 1944
    BERGEN PELSEN
    ASSASSINATA 11.2.1945

    Ester Gani

    QUI ABITAVA
    ESTER GANI
    NATA 1928
    ARRESTATA AGOSTO 1944
    DEPORTATA 1944
    BERGEN – BELSEN
    ASSASSINATA 11.2.1945

    Alberto Gani

    QUI ABITAVA
    ALBERTO GANI
    NATO 1934
    ARRESTATO AGOSTO 1944
    DEPORTATO

    AUSCHWITZ
    ASSASSINATO 28.10.1944

    Simboli:
    Informazione non reperita

    Altro

    Osservazioni personali:
    La Ca’ Bianca, è un edificio costituito da una cascina a due cortili chiusi che un tempo fu abitata dalla famiglia di Luigi Casati, un contadino e antifascista convinto. Si trova di fronte all’ospedale di Seregno.

    La pubblicazione di questa pietra la si deve principalmente alla sensibilità ed alla gentilezza della signora Giovanna, recatasi appositamente sul luogo per scattare le fotografie che ci ha fornito.

    Le pietre d’inciampo o stolpersteine, furono ideate dall’artista tedesco Gunter Demnig; sono cubetti di porfido con la faccia a vista ricoperta in ottone su cui sono incisi: nome, date e luoghi di nascita e morte del caduto, per tramandare la memoria delle persone deportate, fatte morire o uccise nei lager nazisti.
    L'intento dell'autore è che le pietre d'inciampo restituiscano ad ogni singola vittima l'identità, più di quanto facciano i monumenti collettivi, perché ogni pietra ricorda una singola persona ed è collocata nel luogo in cui visse. Incontrando una pietra, si può scegliere se proseguire indifferenti o fermarsi, osservarla e riflettere. Le scarne informazioni incise, restituiscono individualità a chi si tentò di ridurre a un semplice numero. Il termine 'inciampo' non va inteso in senso fisico, ma come un 'inciampo visivo e mentale', un invito anche casuale a fermarsi e riflettere.

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