283462 - Pietra d’inciampo a ricordo di Corinna Corinaldi Segre – Milano

La pietra d’inciampo a ricordo di Corinna Corinaldi Segre, si trova in viale Bianca Maria a Milano.
Le pietre d’inciampo o stolpersteine, furono ideate dall’artista tedesco Gunter Demnig; sono cubetti di porfido con la faccia a vista ricoperta in ottone su cui sono incisi: nome, date e luoghi di nascita e morte del caduto, per tramandare la memoria delle persone deportate, fatte morire o uccise nei lager nazisti.
L’intento dell’autore è che le pietre d’inciampo restituiscano ad ogni singola vittima l’identità, più di quanto facciano i monumenti collettivi, perché ogni pietra ricorda una singola persona ed è collocata nel luogo in cui visse.
Incontrando una pietra, si può scegliere se proseguire indifferenti o fermarsi, osservarla e riflettere.
Le scarne informazioni incise, restituiscono individualità a chi si tentò di ridurre a un semplice numero.
Il termine ‘inciampo’ non va inteso in senso fisico, ma come un ‘inciampo visivo e mentale’, un invito anche casuale a fermarsi e riflettere.

 

Visualizza la mappa

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
zona Monforte
Indirizzo:
viale Bianca Maria 21
CAP:
20122
Latitudine:
45.4648825
Longitudine:
9.2059385

Informazioni

Luogo di collocazione:
Marciapiede di fronte a quella che fu la sua abitazione
Data di collocazione:
2020
Materiali (Generico):
Ottone, Pietra
Materiali (Dettaglio):
Cubetto di porfido ricoperto da una piastra di ottone sulla faccia superiore, su cui è incisa la dedica. Misura della piastra in ottone: 10x10 cm.
Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Pietre d'inciampo Milano
Notizie e contestualizzazione storica:
  • Corinna Anna Corinaldi,
    figlia di Augusto Isacco e di Emma Treves de Bonfili, nacque il 6 maggio 1885 a Padova da una famiglia ebrea di origini nobili, ultima di dodici figli. Ricevette un'educazione improntata all'arte ed alla musica. Nel 1906 sposò l’ingegnere Ulderico Segre, con cui ebbe sei figli. Nel 1928, dopo la separazione dal marito (che si trasferì a Parigi), Corinna si occupò da sola della difficile educazione dei figli.
    Diego fu espulso da scuola, Claudia si sposò, Uberto e Giuliano si laurearono in ingegneria.
    A causa delle 'Leggi razziali fasciste', la famiglia si disperse:
    Valfredo dopo aver restituito la medaglia al valor militare avuta in aeronautica, espatriò negli Stati Uniti.
    Diego, in quanto ebreo, fu espulso dal liceo Berchet.
    Sul finire del 1943 Sergio, Giuliano, Diego, seguiti poco dopo da Claudia, si rifugiarono in Svizzera.
    Nel dicembre 1943 anche Corinna tentò di espatriare col figlio Uberto, ma in Valtellina, alla frontiera furono arrestati dalle SS.
    Diego fu liberato, mentre sua madre Corinna fu incarcerata a Tirano (provincia di Sondrio), poi a Como ed in seguito inviata a Fossoli.
    Da Fossoli, col “Trasporto 27” del 22 febbraio 1944, con altri 600 ebrei fu deportata ad Auschwitz, dove al suo arrivo
    il 26 febbraio 1944, fu subito uccisa all'età di 58 anni.
    Di quel “Trasporto” ne sopravvissero solo 24 fra cui Primo Levi.

    FONTI
  • Pietredinciampo Milano
  • Schiavi di Hitler

    APPROFONDIMENTI
  • 1938: Leggi razziali
  • Contenuti

    Iscrizioni:

    QUI ABITAVA
    CORINNA CORINALDI SEGRE
    ΝΑΤΑ 1885
    ARRESTATA 13.12.1943
    DEPORTATA 1944
    AUSCHWITZ
    ASSASSINATA 26.2.1944


    Simboli:
    Informazione non reperita

    Altro

    Osservazioni personali:
    Con l’occupazione tedesca nel settembre del 1943 e l’inizio delle deportazioni degli ebrei italiani, la Valtellina fu una delle vie di fuga verso la Svizzera per ebrei, partigiani e antifascisti.
    La posizione della Valtellina (valle alpina della Lombardia, in provincia di Sondrio, confinante con la Svizzera) ne fece una delle principali rotte clandestine per l’espatrio. I valichi montani, difficili soprattutto d’inverno, erano meno controllati rispetto ai posti di frontiera ufficiali.
    Dopo l'8 settembre 1943, la Repubblica Sociale Italiana (RSI) e le truppe tedesche rafforzarono i controlli sui confini con presidi di militari italiani collaborazionisti, SS tedesche e milizie fasciste locali.
    I tentativi di fuga erano molto rischiosi: chi veniva catturato veniva arrestato, imprigionato o deportato.
    Per attraversare i sentieri alpini, molti ebrei si affidavano a guide locali (spesso contrabbandieri o montanari esperti).
    Alcune reti clandestine di salvataggio, spesso collegate alla Resistenza o a gruppi religiosi, aiutarono nel trasporto e nel nascondere i fuggitivi.
    La difficile marcia poteva durare anche più giorni e richiedeva spesso il superamento di valichi innevati.
    In Valtellina, come in altre zone di confine, vi furono molti casi di solidarietà da parte della popolazione locale che offrì cibo, rifugio, nascondigli improvvisati nei fienili o in baite isolate.
    Sono numerose le testimonianze di ebrei salvati o catturati nel tentativo di espatrio attraverso la Valtellina.
    Vi furono contrabbandieri che tradirono i fuggitivi abbandonandoli o consegnandoli alle autorità.

    Gallery