240996 - Tomba di Rinaldo Mori al Cimitero di Pratovalle e Roveraia – Loro Ciuffenna (AR)

Sul lato interno della porzione di muro perimetrale del cimitero di Pratovalle e Roveraia, che si trova nel primo paese, rivolta verso via Poggio a Ronco, molto vicina alla struttura multipiano che ospita i forni e gli ossari posta a destra della cappella, è presente la lapide di sepoltura di Rinaldo Mori, civile nato nel 1903 e morto nel 1944, lungo la Strada Comunale di Campogialli (Terranuova Bracciolini) mentre stava disinnescando una mina inesplosa della seconda guerra mondiale. La tomba ha forma rettangolare con con il lato più lungo parallelo al muro e presenta diversi elementi decorativi in rilievo: nella fascia superiore è presente, al centro, la foto in bianco e nero, delimitata da una cornice metallica ovale, dal cui bordo inferiore iniziano alcune decorazioni floreali; nel livello inferiore sono indicati i dati anagrafici e le informazioni relative alla sua morte.

Visualizza la mappa

Posizione

Nazione:
Regione:
Provincia:
Comune:
Frazione:
Pratovalle
Indirizzo:
Strada di collegamento al cimitero
CAP:
52024
Latitudine:
43.585394667885
Longitudine:
11.685851426957

Informazioni

Luogo di collocazione:
Muro perimetrale del cimitero
Data di collocazione:
1944
Materiali (Generico):
Marmo, Altro
Materiali (Dettaglio):
Bordo della foto in metallo, foto in ceramica, lastra in marmo bianco, supporti in metallo
Stato di conservazione:
Buono
Ente preposto alla conservazione:
Amministrazione Comunale
Notizie e contestualizzazione storica:
Rinaldo Mori, figlio di Francesco Mori (Roveraia, 1863 - 1947) e di Luisa Baldi (Gòrgiti, Loro Ciuffenna, 1870 - 1938), entrambi sepolti presso il cimitero di Pratovalle e Roveraia, nacque il 2 marzo 1903 a Roveraia, borgo fantasma situato nelle vicinanze di Pratovalle (Loro Ciuffenna) che ebbe un ruolo importante durante la seconda guerra mondiale e in cui lui viveva (link alla posizione esatta su Google Maps: https://www.google.it/maps/place/Roveraia/@43.5865931,11.7064803,201m/data=!3m1!1e3!4m6!3m5!1s0x132b973c391194ad:0x4ee9d6addc1fea36!8m2!3d43.5868832!4d11.7072652!16s%2Fg%2F11gvt43yrx?entry=ttu), e morì il 6 agosto 1944 disinnescando una mina inesplosa del secondo conflitto mondiale lungo la Strada Comunale di Campogialli (Terranuova Bracciolini).
I fatti relativi alla sua vita quotidiana, al suo coinvolgimento nella guerra e alla sua morte sono stati trascritti in modo dettagliato dal partigiano e scrittore Enzo Droandi nello scritto "Rinaldo di Roveraia" (accessibile e consultabile sul sito "Storia Famiglia Droandi" al seguente link: http://www.droandi.info/index.php/rinaldo-di-roveraia/?id=90):
«Rinaldo di Roveraia era un montanaro, figlio di montanari, abituato a sgobbare sulle preselle di poca terra rette da muretti a secco creati nei secoli, in quelle scoscese fiancate del monte che precipitano sul torrente fresco e rumoroso. [...] Era un montanaro, era un montanaro elegante, distinto, ed aveva una certa somiglianza con Gary Cooper, dicevano le ragazze che vivevano nel paese che è a valle [Pratovalle]. [...] Non vestiva ricercato; anzi! Portava sempre pantaloni e cacciatora di frustagno o di pelle di diavolo. E il cappello, portava, e non il berretto o la berretta come gli altri. Sembrava un aristocratico ed era elegante anche se, talvolta, aveva la barba non rasata da quarantotto ore. [...] Rinaldo, invece, era l'unico fra quella gente [della valle del torrente Agna di Pratovalle] che del mondo sapeva molto, molto più di don Dante [Ricci] che pur aveva studiato, che aveva fatto il seminario e che sapeva insegnare a leggere ai ragazzi. Rinaldo sapeva molto del mondo perché aveva una radiogalena, e perché, ogni anno, andava, nella stagione giusta, fino a Villefranche, vicino a Nizza. [...] A Nizza, a Villefranche, andava al primo sole d'estate. D'inverno lavorava duro sulle piccole terrazze del poderuzzo, cacciava la starna o la lepre per il pranzo della domenica, faceva legna, curava il bosco e puliva la selva. Poi partiva. Preparava la valigia, ci metteva panni da lavoro, biancheria, ed un bel vestito bleu, a doppio petto, e le scarpe nere, e poi salutava Cecco e Mencarino che sembravano nati oltre cent'anni prima, e partiva. A Ville franche curava i giardini delle ville dei signori, degli ambasciatori, dei consoli, dei puttanieri, degli armatori, delle dive, dei lenoni, dei giocatori di chemin de fer, dei pittori e degli imbratta-tele, delle vedove ricche e degli scrittori [...]. Alla fine della stagione, verso settembre credo, smetteva, ma non tornava subito a Roveraia. Faceva i conti del guadagno ottenuto, metteva da parte un pò di soldi per Cecco e Mencarino e per l'inverno; poi apriva la valigia, vestiva l'abito bleu a doppio petto, e faceva, per un pò di giorni, il villeggiante. [...] Faceva il signore, perché signore era, di tratto, di portamento, di educazione. Il doppio petto lo vestiva bene, come la cacciatora, perché era un signore. Poi, finito il denaro da spendere, riprendeva la via di casa e tornava a lavorare nel bosco, alla carbonaia, lungo i costoni scoscesi della Motta, raccoglieva ghiande per fare una specie di caffè e per dare da mangiare a due magroncini, a due maialini che rallevava, per poi salare nell'ottobre successivo. [...] Poi venne la stagione dei prigionieri fuggiti, poi quella dei ribelli, e, poi, quella partigiana. In tutte tre le stagioni Rinaldo entrò fino al collo. Buono, aiutava chi aveva fame, rischiava per nascondere, nell'insegnare viottoli dischiesti; ma non torse un capello a nessuno. Una volta mi fece vedere un mauser e mi disse: "Finita la guerra lo porterò da Italo dello Stagnino e lui me lo modificherà in schioppo da caccia in avancarica; poi lo denuncerò. Per ora lo nascondo". Dove lo nascose? Non lo so. Forse quel fucile è sempre là, in un nascondiglio, ad aspettare Rinaldo. Forse é dentro un castagno perché nella nostra valle ogni castagno era allora una cassaforte. Ma Rinaldo non può andare a parlare con Italo dello Stagnino, che è sempre vivo e vegeto, per accordarsi sul prezzo del lavoro. Rinaldo non c'è più. Nella stagione di fuoco Roveraia, assalita dal secondo battaglione del terzo reggimento dei fanti del Brandenburgo, saltò in aria, ma Rinaldo, Cecco e Mencarino si salvarono. Quando i ragazzi poterono tornare a giocare intorno alle case ed ai paesi, restò il fatto delle mine nascoste. E fu la stagione delle mine. Rinaldo imparò a rendere inattivi gli ordigni. Esaminava bene i viottoli, i prati, le piagge, specie attorno alle case dove c'erano ragazzi. Un giorno, nel tardo agosto, ne vide uno di là da Baccano, sulla via di Campogialli. Si avvicinò e si apprestò a disinnescarlo; era di quelli con la scatola di legno, quadrata, larga due spanne, di quelli fatti per ammazzare, ma anche per risparmiare metalli. In paese [San Giustino Valdarno] udimmo un boato che salì fino a Vinca, a Roveraia, e su, lungo l'Agna, fino al varco di Monte Lori, per precipitare poi sulla Fonte Cavallari e su Pontenano. I resti di Rinaldo e della sua cacciatora furon messi in una cassettina di legno ed interrati nel cimiterino di Pratovalle, perché a Roveraia il cimitero non c'è. Furono interrati non distante da quelli di don Dante [Ricci], morto, con dignità, ammazzato. [...] Rinaldo non c'era più.»

NOTA DI TRASCRIZIONE: le parti del testo inserite fra parentesi quadre non sono presenti nella versione originale ma sono state aggiunte dall'autore della scheda per permettere una migliore comprensione.
NOTA SULLE FONTI: le informazioni anagrafiche e familiari aggiuntive rispetto a quanto indicato dalla lapide e dal testo "Rinaldo di Roveraia" sono state individuate grazie alla ricerca personale condotta dall'autore della scheda.

Contenuti

Iscrizioni:
A. MORI RINALDO
VITTIMA DI UN ORDIGNIO ESPLOSIVO
IL 6 AGOSTO 1944
LA FAMIGLIA
Q.M.P
N. 2.3.1903
Simboli:
Dal basamento del supporto marmoreo ovale su cui è inserita la foto emergono, alla sua destra e alla sua sinistra, in modo speculare, due fusti diretti verso gli angoli posti alle estremità del bordo superiore da cui crescono rami che sorreggono bocci, fiori e foglie.

Altro

Osservazioni personali:
Nella foto probabilmente Rinaldo Mori indossava il doppio petto blu che era solito usare in Francia (v. sezione "notizie e contestualizzazione storica").

Le lettere (A, D, M, O, P, Q, R, S e V) e i numeri (4, 6 e 9) del testo della lapide che presentano spazi interni sono costituiti da un unica sagoma.

Rinaldo Mori viene ricordato anche nelle seguenti Pietre della Memoria:
- Lapide ai martiri della barbarie nazifascista" di Loro Ciuffenna;
- Monumento ai Caduti di Faeto, Casamone, Pratovalle e Roveraia" di Faeto.

Don Dante Ricci (1883 - 1944), parroco di Faeto e Pratovalle dal 1926 al 1944, nominato diverse volte nel testo "Rinaldo di Roveraia", viene ricordato nelle Pietre della Memoria di seguito indicate:
- Lapide ai martiri della barbarie nazifascista" di Loro Ciuffenna;
- Monumento ai Caduti di Faeto, Casamone, Pratovalle e Roveraia" di Faeto;
- Parco della Rimembranza ai Caduti di Pratovalle e Roveraia nella Grande Guerra" di Pratovalle;
- Tomba di don Dante Ricci al Cimitero di Pratovalle e Roveraia" a Loro Ciuffenna.

In galleria è presente una rielaborazione grafica di un'immagine aerea del 2022 tratta da Google Earth dell'autore della presente scheda in cui è indicata, ai fini di una migliore comprensione di quanto scritto nella sezione "notizie e contestualizzazione storica", l'area geografica in cui Rinaldo Mori morì.

Gallery